Non che ne veda molti, dove sto
io, perché prendere i mezzi di trasporto pubblico e arrivare in università non
è mica facile.
La mia famiglia sarà pure strana,
ma non matta: è una delle poche al mondo in cui si possano annoverare due
figli su sedia a rotelle che fanno i pendolari Varese-Milano.
OK, sì, forse siamo tutti matti.
Chi ce lo fa fare? Nessuno. Anzi, quasi tutti - a volte genitori
inclusi - ci scoraggiano dal perseverare su questa strada autolesionista.
Cosa ce lo fa fare? Essenzialmente sogni, aspirazioni, ambizioni:
più o meno tutte quelle cose per cui vale la pena vivere.
Però è difficile. Ho detto
difficile, non impossibile!
Ma come si fa concretamente?
Non è questione di soldi. Fossi
ricca, vi pare che userei i mezzi pubblici?!
Non è questione di assistenza
statale. Lo Stato preferirebbe pagare la salata retta di un ricovero piuttosto che
sganciare qualche euro in più per l’assistenza alla persona.
Non è questione di volontariato.
I volontari ci sono un giorno forse e l’altro no, perché tutti hanno una vita, tutti
a parte qualche disabile.
E allora che ci vuole?
Essenzialmente è questione di
rapporti sociali, non necessariamente sereni con tutti.
Se Dio esistesse, tutti i
disabili avrebbero almeno le palle.
Esse servono per non aver paura della
propria ombra e pretendere quello che le nostre leggi promettono sulla carta:
integrazione.
Quando un guidatore di autobus/tram
tira fuori la pedana per fare salire un disabile, non sta facendo un favore a
nessuno: sta facendo il suo lavoro.
Quando un Capotreno chiama l’assistenza
per sistemare la pedana guasta del treno su cui devi salire, non lo fa perché è
buono, ma perché fra le mansioni per cui viene pagato, ci sta pure questa.
Quando chiami per prenotare l’assistenza
su un aereo e ti dicono che non possono trasportare una carrozzina a motore,
leggigli il regolamento della Compagnia, cita il pezzo in cui si
evince che sbaglia. Se insiste, ripetigli
la sua matricola e domanda se “no” è la sua risposta definitiva. Perché
è pagato per applicare il regolamento della Compagnia, anche quando deve
compilare scartoffie in più per farlo.
Se costoro non hanno voglia di
muovere il culo o fanno finta di non vederti alla fermata o ti suggeriscono di
prendere un altro mezzo, va fatto un esposto.
Non serve incazzarsi col mondo:
prendi il numero della vettura/matricola, segnati l’orario e scrivi al gestore
del servizio prima, ai giornali, dopo la terza recidiva (se sei un tipo paziente).
Non c’è da sentirsi in colpa, semmai
incazzati che si debba perder tempo perché un lavativo è stato assunto al punto
di persona più meritevole.
Non è divertente: è necessario.
Ovvio che un grazie non si nega a
nessuno: se lavora ed è pure gentile con me, ci mancherebbe!
Se fa il suo dovere e manco mi
saluta … beh, me ne farò una ragione, di certo non un esposto.
Troppo comodo ora salire
tutti sul mio treno superaccessibile, dopo che io ho litigato anni per poter
viaggiare quasi libera come un bipede. Per altro, se nemmeno lo prenoti, passi
la prima volta, che magari non conosci la procedura e io faccio la voce grossa
per te. Ma la seconda volta in cui mi fai perdere tempo perché sul cazzo di
treno ci sono due disabili anziché uno e il Capotreno si fa prendere da
disabilofobia … per quanto mi concerne, o ci litighi tu o stai sulla banchina.
Non son mica la Giovanna D’Arco
degli sfigati!
Disabili, mio tormento e mia
delizia: non potete sempre contare sul buon cuore delle persone o sul fatto che
altri combatteranno per i vostri interessi.
Provate a guardare i mendicanti
per strada e fatevi due conti: con la pietà si ottengono solo spicci.
E voi non state mica chiedendo la
carità! State chiedendo ciò che le leggi del vostro Paese già dichiarano sulla
carta: che avete il DIRITTO d’integrarvi.
Io aggiungerei che ne avete pure
il DOVERE!
Soprattutto voi, disabilini cattolici:
troppo comodo starsene con le mani in mano, vagolando tra casa e Chiesa ad
aspettare la venuta del Messia. Se siete davvero convinti di essere lo strumento
di redenzione del prossimo, andate in mezzo al prossimo e rompetegli le palle
con i vostri bisogni, i vostri diritti e la vostra scomoda presenza. Quelli che
frequentano la Chiesa, tecnicamente son già salvi, no? Mettete a frutto i
vostri talenti, fosse anche solo il talento di frantumare le gonadi ai miscredenti.
Smettetela di considerare “sbagliati”
quelli che non hanno la vostra fede e di vantarvi per il fatto che il Papa vi
accarezza la testa. Siete forse cagnolini, che Iddio vi ha fatto per farvi
grattare dietro le orecchie dal prossimo? E’ dunque così semplice la vostra
missione o avete solo paura di mettervi in gioco?
Non abbiate paura di chiedere
aiuto: io lo faccio tutti i giorni e nemmeno uno sconosciuto mi ha mai detto
no, neppure i comunisti o i testimoni di Geova.
Quanti estranei saranno andati a casa vantandosi: “Oggi ho accompagnato una sulla sedia a rotelle con l’ombrello, fino
alla stazione”? Non importa se non specificano che, se l’aiuto non fosse
stato richiesto, non gli sarebbe manco venuto in mente: si sono meritati il
loro momento di gloria samaritana. Contenti loro, asciutta io.
Lasciate che a pregare siano gli
allettati e gli anziani. Finché avrete la forza di spostare un joystick con un
dito, con la bocca o col cazzo se vi pare, la vostra missione dovrebbe essere
più impegnativa.
Perché, bella o brutta, la vita è un dono che non
ci è stato fatto per essere riposto nell’armadio.