E niente. E’ che da due giorni ho
un sacco di tempo in più da trascorrere sulle banchine della stazione o sul
treno, grazie al tilt del sistema informatico di gestione dei turni delle
Ferrovie. Cose che accadono quando ti sostituiscono l’abaco con un computer,
suppongo.
E quando aspetto sulla banchina,
mi tocca tenere la mente impegnata, che c’è gente che addormentandosi al gelo
non s’è risvegliata più. Un po’ penso alla mia vita da pendolare e un po’ cerco
di non pensarci, soprattutto quando inizio a fantasticare su attentati
terroristici in cui vesto i panni della kamikaze imbottita di tritolo che si
scaglia contro la locomotiva. Solo che non siamo mica in una canzone di
Guccini, che la locomotiva arriva in stazione quando dovrebbe, giusto in tempo
per saltare in aria.
Il bello del pendolarismo però,
lo devo ammettere, è che di fronte ad un treno in ritardo, soppresso o scomparso
in circostanze misteriose, siamo tutti uguali. I pendolari intendo.
Perché oltre ai pendolari ci sono
le turiste Milano-Malpensa. Sì, le turiste rompicoglioni sono sempre donne e si riconoscono dalle valigie
ipertrofiche e dalla propensione a dirigersi verso l’aeroporto con cinque
minuti di margine sulla partenza del volo. Non fosse per i camion con rimorchio
che si trascinano dietro, le riconosceresti comunque dalle manifestazioni
ansiose: tamburellano, agitano le zampe, sbuffano, si alzano, vanno in bagno –
no dico: VANNO IN BAGNO… SU UN TRENO!!! – e a un certo punto telefonano,
condividendo tutte le loro preoccupazioni con il presunto interlocutore e col
resto del vagone. Quando ormai è chiaro che stanno per perdere irrimediabilmente
il volo, ecco che schiacciano l’interfono o vagano alla ricerca del Capotreno
che, ovviamente, in caso di ritardo, si barrica nella cabina col macchinista,
indossando il giubbotto antiproiettile sotto la divisa.
E il pendolare osserva. Non che
sia curioso: solo che gli è difficile continuare a leggere il suo libro con una
scimmia impazzita che gli sbraita accanto.
Hanno inventato apposta gli i-pod
per questo, ma a volte neppure questi bastano. Perché quando i decibel e i movimenti
della viaggiatrice inesperta superano una certa soglia, il pendolare inizia a
chiedersi se nei suoi viaggi esotici la turista non abbia contratto la rabbia o
la meningite. Del resto, quale persona sana di mente si dirige in aeroporto, su
un treno, senza un buon margine di sicurezza? Persino sui siti degli aeroporti
internazionali c’è scritto: “Consigliamo
di recarsi in aeroporto tre ore prima della partenza”… “perché non si sa mai” (preposizione
finale sottointesa).
Ma la viaggiatrice occasionale non
sa leggere… e questo spiega pure perché posizioni tutto il suo set di valige firmate,
color panna, sul posto riservato ai disabili. Infatti, quale abitué delle
trasferte si comprerebbe mai una valigia firmata, color panna? Una valigia che peraltro
non è nemmeno in grado di spostare? Vivere in città può farti sentire come una
formica, peccato che un essere umano non possa davvero sollevare cento volte il
suo peso, salvo esposizioni a raggi gamma pare.
Che a guardarle ci si chiede se
stiano per caso pensando seriamente di partire e non tornare mai più…
altrimenti perché portarsi dietro la casa? Peccato però che poi te le ritrovi
due settimane dopo, sul percorso Malpensa-Milano, che si attaccano al cellulare
e condividono sempre col resto del vagone gli episodi salienti della loro
vacanza:
“Ho fatto tutto il giro di qua e di là. Però mica potevi bere o mangiare quel che volevi: solo acqua in bottiglia e ciò nonostante ho perso due chili non ti dico come... L’animazione un mortorio, per fortuna c’era qualche locale in zona, roba anni ’80 neh. La Mimma s’è scottata peggio che i gamberi del buffet, mentre il Pier e la Fede come cane e gatto. La spiaggia stupenda per carità, ma la pulizia in camera te la raccomando!”
E il pendolare sempre lì ad
ascoltare, suo malgrado, chiedendosi perché mai il volo su cui evidentemente è
riuscita a imbarcarsi non sia colato a picco nel Triangolo delle Bermuda e
augurandosi almeno che in quel Resort dall’igiene discutibile si sia beccata il
tetano.
Contrariamente alla turista, i pendolari sono tutti maschi - nel senso che hanno le palle - e sono creature molto riservate. Raramente si scambiano qualche convenevole, tipo: “’nGiorno”, “Sera” o “Prima lei”, ma
solo quando hanno tentato lo scarto finale e si sono scontrati in discesa o in salita
dal treno.
Ovviamente ci riconosciamo al
volo tra noi, un po’ perché prendiamo gli stessi treni, un po’ perché comunichiamo
molto a livello non verbale:
LIBRO APERTO + CUFFIE = DO NOT DISTURB
Non che non interagiamo mai… lo facciamo
quando serve, per comunicazioni di servizio:
“A che ora c’è stasera (lo sciopero - soggetto sottointeso)?”
“Il primo (treno di merda - soggetto sottointeso) che parte è il 18.28”
Oppure
“Ieri a che ora sei arrivata tu (a casa/al lavoro – complemento di
luogo sottointeso)?”
“LassaStà!”
Per lo più l’idioma pendolare è
però caratterizzato da brevi interiezioni a fior di labbra come:
“Eh già…” – a commento del “In
ritardo anche oggi (sempre il treno di merda – soggetto sottointeso)”“Eh beh…” – a commento della frase tipica dell’abbonato “115 euro al mese, però che servizio!”
“Boh!” – in risposta a “E oggi cosa è successo (ancora quel
fottutissimo treno di merda – soggetto sottointeso che ha sfracassato le
gonadi)?”
E poi c’è il solito “Mmm” che, a seconda dell’intonazione e
del numero di emme, si usa tanto in psicologia quanto tra i pendolari, per dire
tutto e niente, ma con senso di rispetto e partecipata condivisione.
Il pendolare è una creatura
rassegnata: parte sempre un’ora prima di quello che dovrebbe e anche se arriva
due ore dopo non si scompone. Potrebbe suonare la sirena antincendio dell’intera
stazione e rimarrebbe comunque impassibile, seduto al suo posto, sicuro si
tratti di un guasto. E anche fosse un vero incendio, quando mai gli ricapita di
trovare un posto a sedere?
Il pendolare non è asociale: è
anzi una creatura con un grande senso di appartenenza al branco. Osserva
chiunque varchi il vagone del clan con estrema circospezione. Se l'intruso sale
chiacchierando in compagnia, sorride, incrocia lo sguardo di qualcuno o ha un cellulare in mano, il pendolare rischierebbe
pure di perdere il treno pur di cambiare vagone. Se se ne accorge troppo tardi, comunica il proprio fastidio ai colleghi pendolari, mediante alzate di occhi al cielo e piccoli gesti rotatori delle mani, che imitano quelli delle gonadi.
Non è asocialità: è istinto di conservazione.
Pensate poi a quelli come me, che
di lavoro devono ascoltare i problemi della gente… capite vero che non ho
nessuna voglia di ascoltarli anche fuori dall’ufficio, per di più gratis?
Se proprio dovessi fare
counseling anche in treno, mi piacerebbe organizzare dei gruppi di auto-aiuto
per pendolari: con un piccolo extra, puoi partecipare ad una terapia di gruppo,
con seduta fiume assicurata dalle tempistiche di Trenord.
Potrebbe funzionare:
“Ciao, sono Fabio, è faccio il pendolare da cinque anni”
“Ciao Fabio…”
Un sacco di servizi potrebbero
essere erogati a pagamento sui treni, il parrucchiere per esempio… o il
servizio bar… rigorosamente con caffè decaffeinato. Sul 18 e 28 potrebbero
farci pure l’aperitivo:
THE NEVER ENDING HAPPY HOUR
Il pendolare è pragmatico: lui ha
inventato l’abbigliamento a cipolla, per adattarsi a qualsiasi clima esterno ed
interno, sapendo che spesso il secondo è diametralmente opposto al primo, oppure
è di segno uguale, ma elevato alla quarta, nel senso più sgradevole possibile.
Il pendolare sa che ogni sciopero
ha le sue scomode fasce protette e nella borsa ha sempre tutto ciò che serve
alla sopravvivenza: libro, i-pod, cellulare, carica batteria, fazzolettini,
qualsiasi tipo di medicinale legalmente trasportabile per uso personale, acqua,
‘schiscetta’ e razioni militari di emergenza.
Al pendolare i Maya e il 21 dicembre 2012 gli fanno un baffo: anche
fosse davvero l’ultimo viaggio diretto verso la fine Mondo, sanno che
sicuramente sopprimeranno il treno.
Brava! Ho riso come pochi! Per fortuna sono disoccupato così non devo fare il pendolare, poi dicono che essere disoccupati sia un danno!
RispondiElimina:-D
ciao Engy, sono il 18 e 28.
RispondiEliminaTi faccio i miei complimenti.
effettivamente godo di una pessima reputazione,sono figlio di un sistema imperfetto diabolicamente messo al servizio di un essere perfetto, eticamente impeccabile, corretto, gentile, socialmente evoluto e dotato di un'intelligenza superiore: il pendolare. La tua descrizione del pendolare è esilerante, manca però di un elemento fondamentale (secondo me volutamente celato), dal quale nasce ogni suo pensiero, comportamento e spesso imprecazione: il pendolare a differenza di ogni altro essere umano si sveglia tutte le mattine incazzato, perchè tutte le mattine la maledizione di abitare in un paesino della provincia spesso fuori dal mondo lo condanna ad affrontare una giornata di merda indipendentemente da quello che gli potrebbe capitare. Il pendolare porta sulle spalle il peso di essere nella sua condizione per nascita, o peggio ancora per una sua scelta infelice, non c'è treno o bus che possa salvarlo, e lui lo sa.
un caro saluto.
il tuo 18e28
Quando parli male di un treno è normale, ma quando il treno ti risponde è ora di passare a psicofarmaci pesanti.
RispondiEliminaDetto questo, sia benvenuta la schizofrenia, se mi dà la possibilità di sfogarmi col diretto interessato. Posso solo immaginare che non debba essere stato facile crescere con una madre scambista e un padre che s'infilava nella prima galleria aperta. Ma non è facendo del male a dei poveri provinciali che ti sentirai meglio. Fatti piuttosto aiutare da un bravo psicologo, magari non uno che sia pendolare, altrimenti sul lettino terapeutico rischi di morire soffocato da un cuscino.
Considera inoltre seriamente un cambio di nome: 18 e 28 non ti rispecchia affatto. Potresti provare con un "quasi diciannove". Già che ci sei, se vedi il Passante, consigliagli da parte mia un cambio all'anagrafe in "Dovrebbe passare". Perchè va bene tutto, ma il participio presuppone la certezza dell'azione che descrive e a Trenord si addice molto di più il condizionale.
come posso darti torto:
Elimina"parlare male è normale", avere delle risposte è da "schizofrenici". Pensare che un treno possa fare del male a delle persone "poveri provinciali" e l'mmediato riferimento alla psicologia, la dicono lunga su quanto essa sia determinante e delicata in un individuo nella condizione di pendolare. E' vero sono figlio di un sistema imperfetto, esattamente nella stessa misura in cui lo sono le persone che trasporto,tutti ingranaggi della stessa macchina.
a presto.
ps: secondo me 18e28 suona benissimo
Siamo tutti sulla stessa barca. Pardon! Sullo stesso treno ;)
EliminaGrazie a nome di tanti pendolari! M.
RispondiEliminasei fantastica
RispondiEliminaMi piscio dal ridere, mmm... (cit.)o dovrei forse piangere?!
RispondiEliminaStefania