Le porte si aprono sul nuovo
azzeccatissimo acquisto di Trenord: un giovane Capotreno ragionevolmente
affascinante, che mi accoglie da qualche mattina in divisa rossa, con sorriso sornione e strizzatina d'occhio d'intesa. Fa spostare i
passeggeri, apre la porta, estrae la pedana, mostra il posto disabili
con ampio gesto teatrale. Davanti a me una procace Barbie che sprizza
poliuretano espanso da tutto ciò che si può gonfiare in una donna. Il
genere di persona che entra in un treno,
si ferma sulla soglia e si guarda intorno con la flemma di un cerbiatto
strafatto di Xanax, del tutto inconsapevole del resto del mondo che
attende i suoi comodi per entrare. La Venere di PVC assiste alla
pantomima del Capotreno, finge di arrossire, ridacchia e ringrazia di
tanta gentilezza, spingendo le valige rosa sull'ampio spiazzo disabili.
"Signora, vuole spostarsi o no, che devo far accomodare la Dottoressa?!"
Lei è sconvolta, probabilmente per quel "Signora". Finalmente si gira, mi vede e la sua faccia si sgretola alla luce della triste comprensione che, in realtà, il centro dell'universo sono io
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