La vita di un disabile è un inferno e le limitazioni fisiche sono il minore dei mali.
Il vero dramma dell'essere disabili sono i quattro Cavalieri dell'Apocalisse: Collocamento mirato, INPS, ASL e ACI. Il fatto che stia scrivendo questo pezzo dopo aver ricevuto una lettera minatoria dell'INPS, non è un caso. E, visto che comunque han sempre ragione loro, mi sfogherò parlandovi di questo grande Ente previdenziale... non esattamente in termini lusinghieri.
Nemmeno voglio accennare alle trafile che un disabile deve percorrere per farsi riconoscere una pensione d'invalidità, perché lo fecero i miei genitori per me e mio fratello. Mia madre è solita dire che dovette consumare sette paia di scarpe di ferro e riempire sette bottiglie di lacrime, prima di ottenere la nostra pensione d'invalidità e noi che abbiamo fatto? Abbiamo trovato lavoro.
Neppure voglio tediarvi con la procedura necessaria a comunicare all'INPS che hai trovato un lavoro e che, pertanto, si tengano pure quei due soldi di pensione, con cui non camperesti nemmeno in un paese africano. Non ci si crede a quanti giri si debbano fare per dire a qualcuno che non vuoi più i soldi dello Stato.
Che, a ben vedere, trovare un impiego sarebbe stato pure più semplice senza il Collocamento mirato, dato che il lavoro te lo sei trovata da sola e hai rischiato di perderlo perché l'ufficio locale, nel quale sei iscritta, impiega tempi titanici e procedure deliranti per consegnare il tuo fascicolo all'ufficio di Milano. E tu allora che fai? Vai all'ufficio locale, gli chiedi di consegnarti il TUO fascicolo e quelli ti rispondono che non possono dartelo perché "è riservato". Riservato a chi scusate? Che cazzo c'è scritto sul MIO fascicolo che IO non posso vedere?
"Non posso divulgare queste informazioni".
C'è da diventare paranoici.
E notare che, l'unica iniziativa cui ho partecipato col collocamento mirato è stata una cosa, di cui non ho mai capito le finalità, ove un gruppo di disabili, di vario genere e tipo, veniva sottoposto a test attitudinali e di personalità in cui comparivano domande del tipo:
"Che sport ti piacerebbe praticare? Pallavolo, corsa a ostacoli o pattinaggio artistico?"
Ma che me stai a pijà per' culo?
E, infine, c'era il colloquio in cui, giuro, a me è stato detto che il collocamento non sarebbe stato semplice, perché una laurea era una qualifica troppo forte e, a quello dopo di me, è stato detto che il collocamento non sarebbe stato semplice, perché aveva solo un diploma professionale.
Ma pensate davvero che nel branco di disabili che attende in sala d'aspetto i vostri colloqui conclusivi non si scambino due parole? Siamo disabili, mica asociali!
Notare poi che, già in fase di screening iniziale, le prassi "politicamente corrette" si son viste al volo: mini-test attitudinale scritto. A seguire, divisione pubblica dei disabili in due gruppi in base ai risultati: disabili fisici da un lato, quelli con ritardo mentale dall'altro. Un ragazzo Down mi disse: "Io sono nel gruppo di quelli stupidi". Non potei che rispondere: "Qui gli unici stupidi sono i selezionatori, credimi."
Tra l'altro, non per criticare le metodologie altrui (n.d.r.: preambolo tipicamente adottato per criticare le metodologie altrui), ma il problema non è mai davvero stato fare il censimento dei disabili disponibili a lavorare (ovvero la maggioranza, perlomeno qui al Nord). Il problema semmai è convincere le aziende a puntare su un "cavallo zoppo", in un contesto ove non si tratta di correre, ma di produrre beni di consumo o servizio.
Attualmente, tra le altre cose, mi occupo anche io di placement e devo dire che qualcosa si muove pure per i disabili. Ma quando un'azienda "costretta" ad assumere una categoria protetta chiede alla collega del collocamento mirato: "Non si potrebbe avere qualcuno con qualche handicap poco evidente, tipo uno col diabete o piccoli problemi cardiaci", ringrazio di essere solo sul placement dei normodotati. Io ad aziende così risponderei: "Guardi, abbiamo esaurito il prodotto, e non ne arriveranno per un po'. Se vuole però ho un paraplegico in offerta, molto più intelligente di lei".
Tra l'altro, non per criticare le metodologie altrui (n.d.r.: preambolo tipicamente adottato per criticare le metodologie altrui), ma il problema non è mai davvero stato fare il censimento dei disabili disponibili a lavorare (ovvero la maggioranza, perlomeno qui al Nord). Il problema semmai è convincere le aziende a puntare su un "cavallo zoppo", in un contesto ove non si tratta di correre, ma di produrre beni di consumo o servizio.
Attualmente, tra le altre cose, mi occupo anche io di placement e devo dire che qualcosa si muove pure per i disabili. Ma quando un'azienda "costretta" ad assumere una categoria protetta chiede alla collega del collocamento mirato: "Non si potrebbe avere qualcuno con qualche handicap poco evidente, tipo uno col diabete o piccoli problemi cardiaci", ringrazio di essere solo sul placement dei normodotati. Io ad aziende così risponderei: "Guardi, abbiamo esaurito il prodotto, e non ne arriveranno per un po'. Se vuole però ho un paraplegico in offerta, molto più intelligente di lei".
Ma mettiamo da parte il collocamento mirato, che oggi ho già una carogna dentro, e pure la carogna soffre di ulcera peptica da stress. E perché? Perché l'INPS mi ha mandato una letterina. Si sono accorti oggi che, nel 2004, mi hanno dato dei soldi in più, quindi mi informano che non vedrò l'assegno di accompagnamento del mese di giugno. Vi spiego meglio: loro ci hanno messo quasi nove anni ad accorgersi che mi hanno dato dei soldi in più e io ho tempo nemmeno un mese per renderglieli con gli interessi, in una sola rata. Mi informano altresì che, se proprio voglio fare ricorso, posso farlo esclusivamente online, grazie al codice INPS di 120 cifre che cambia ogni due mesi e che ti porta nel Labirinto di Cnosso, senza un cazzo di filo di Arianna da seguire.
Notare che, per altre pratiche, i termini di decorrenza per le azioni di contestazione sono di cinque anni. Per le pensioni d'invalidità, l'INPS ha dieci anni di tempo per accorgersi dei propri errori.
No, dico: a volte lasciarei fare alla mia malattia il suo decorso, solo per non dar soddisfazione all'INPS.
Per un po' ho pensato di fare ricorso e chiedere la dilazione del pagamento, poi ho aperto la procedura online e ho visto che nel numero di pratica compariva per due volte il diciassette e un 23. Non ho dato l'invio, perchè io i messaggi che mi manda il cosmo li colgo, e quello era lampante:
17, "'A disgrazia"
23 "'O scemo" che fa il ricorso
Ma io non posso perdere tutto sto tempo per un errore INPS. Quindi pagherò, senza un fiato, perchè oggi non tengo la forza di impugnare la lancia contro i mulini a vento. Ma siccome non amo rimuginare a lungo, ecco che mi sfogo scrivendo. Perchè io infondo credo nel karma: considerando quanto sono stronza, probabilmente mi merito di pagare questi 493 euro. Mi consolo immaginando quali atroci sofferenze patirà il funzionario che si è preso la briga di andare a ricontrollare dei pagamenti di secoli fa, per rendere un po' più complicata la vita di un disabile.
Se non credessi profondamente nel karma, invece dei ricorsi online, farei ricorso alla violenza.
Del resto ho da poco vinto contro l'ACI, quindi non voglio sfidare ulteriormente la sorte per un po'. Anche perchè ho tanto lottato, che mi chiedo se la vittoria valesse davvero la pena dello sforzo.
All'ASL ho già dedicato pagine e pagine di racconti, quindi non sto a tediarvi ulteriormente.
Sapete che vi dico: la prossima volta rinasco deambulante, oppure ascolto quel che dice mia madre da anni: "Tu dovevi studiare da Avvocato"
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