Questa mattina mi sono svegliata
con la fissa dell’euristica della rappresentatività. Sì, lo so: non è normale che il neurone
concernente il vocabolo “euristica” si attivi alle sette del mattino senza l’ausilio
di un caffè e forse, a ben pensarci, non è neppure tanto ovvio avere un neurone che contenga il
vocabolo “euristica”.
Sebbene io sia una persona di cultura sostenibile, possiedo neuroni decisamente saccenti.
Lasciate quindi che vi spieghi in termini
semplici, e pure un po’ borgatari, a quali conclusioni mattutine è giunta la
mia mente malata.
Partiamo appunto dalle
euristiche: un termine da sboroni per dire che le
persone non agiscono sulla base di procedure logiche, ma prendendo delle
scorciatoie del cazzo, che spesso li portano a conclusioni sbagliate. In
pratica, quando ci troviamo di fronte a delle decisioni da prendere, non è che
ci mettiamo lì ad analizzare razionalmente i dati, ma ci basiamo sull’intuito o
sulle poche conoscenze, dirette o indirette, che abbiamo. Più la nostra
conoscenza del quadro è concreta ed approfondita, più queste euristiche ci
aiutano a ad agire in modo efficace e rapido. Il problema è quando ne sappiamo
poco.
L’euristica della rappresentatività rovina la vita della maggior parte
delle minoranze, disabili inclusi.
Tale scorciatoia mentale fa sì che le
persone attribuiscano caratteristiche simili a cose che sembrano simili, spesso
ignorando informazioni che dovrebbero far pensare il contrario. E’ così che tutti
gli albanesi diventano potenziali ladri e stupratori: perché la televisione ci
parla solo di quelli che lo sono e magari non ne conosciamo personalmente
nemmeno uno.
Ed è così che nascono pure gli stereotipi sui disabili: creature
fragili, emarginate, malate, bisognose del conforto della fede.
Infondo il
contesto in cui è più probabile che un bipede veda un disabile, è la S. Messa
in TV.
Il problema vero, è che poi,
quando si trovano ad interagire con i disabili in rotelle e ossa, i bipedi
applicano tale euristica della rappresentatività, lasciando trasparire le idee sottointese alle loro
esternazioni. Il fatto poi che si trovino di fronte all’evidente infrazione ai
propri preconcetti, spesso non basta a cambiare le euristiche stesse.
Così capita
che ti vedano limonare con tuo marito in spiaggia e ti dicano:
“Che bello vedere due fratelli così uniti!”
Perché i disabili sono creature asessuate, che se scambiano un bacio è sempre un bacio fraterno, a prescindere dai metri di lingua introdotti.
Perché i disabili sono creature asessuate, che se scambiano un bacio è sempre un bacio fraterno, a prescindere dai metri di lingua introdotti.
“Buongiorno Signorina.”
Perché tutte le disabili rimangono
single a vita, oppure si sposano con disabili maschi: possibile, ma altamente
sconsigliato.
“E’ stato un incidente d’auto?”
Perché il disabile carino ha avuto sempre un incidente.
Perché il disabile carino ha avuto sempre un incidente.
“E’ distrofia vero?”
Perché l’unica malattia genetica
che di mette su una sedia a rotelle è la distrofia e quel giorno non ti sei
truccata, quindi è evidente che sei disabile dalla nascita.
“Vai al mare con mamma e papà?”
Perché solo i tuoi genitori
verrebbero in vacanza con te, fino alla morte.
“Ah, non vai con i tuoi? Con quale associazione vai allora?”
Perché solo dei bravi ragazzi che
fanno volontariato andrebbero in vacanza con i disabili.
“Sei già stata a Lourdes?”
Perché i viaggi della speranza
sono la massima aspirazione del disabile. Altro che Maldive: un viaggio della
Madonna!
“Che brava, ti piace leggere? Ho a casa una sacco di Topolino di mia
figlia, se vuoi.”
Perché il disabile ha un sacco di
tempo libero per leggere, ma non è detto che sappia farlo o che abbia i soldi
per comprarsi i fumetti.
“Posso offrirti un’aranciata o una Coca-cola? La puoi bere la Coca?”
Perché, nonostante non si regga
in piedi, il disabile non beve, non assume sostanze stupefacenti (se non a
scopo terapeutico), né caffeina, perché se no poi magari si agita troppo.
“La vuoi una caramella?”
Perché i disabili sono ghiotti di
dolciumi.
“Posso aiutarti a scendere dal treno?”
Perché anche se sei su una sedia
a motore da 10.000 euro, una sedia a rotelle va sempre spinta.
“Sei qui da sola?! Posso farti compagnia?”
Perché il disabile solo si sente
smarrito.
Insomma, potrei andare avanti all’infinito…
E’ così che pure nella mente del disabile si creano delle euristiche sui
bipedi. A quelli che non frequento abitualmente, cerco di parlare usando
termini semplici, perché se sentono la parola “euristica” uscire dalla bocca di
un disabile è facile che propendano per le difficoltà di articolazione: “Tesoro… non capisco cosa dici. Amore…
riesci a scrivermelo su un foglietto?”.
Così tratto tutti i bipedi sconosciuti come se
fossero un po’ lenti di comprendonio, scandisco bene le parole, limito le
battute perché mi prenderebbero comunque sul serio e, se vedo un bipede in
mezzo al passo, cerco di sterzare io, perché i loro riflessi sono più lenti.
E comunque, non accettarle le caramelle in giro :-)
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