Ieri sera proprio non ho
resistito a seguire la diretta TV del PapaDay, un po’ su Twitter, un po’ su SkyTG24.
Anzi, ho pure invitato delle amiche, ordinato del sushi e stappato diverse
bottiglie.
Fra amici, in questi giorni, non
ci siamo certo risparmiati in battute, pronostici e cazzate: chi minacciava di
passare dall’ateismo al satanismo se avessero eletto Scola, chi meno
drasticamente sarebbe diventata protestante, non sentendosela ancora di
rinunciare all’idea di un qualcosa dopo la morte.
Che fossimo credenti o no, ognuno
aveva il proprio slogan, da “W Sqola con
la q!” a “O’Malley o morte!” (@DanieleDeGan).
In famiglia siamo tutti atei,
eppure del Papa, a quanto pare, ce ne frega lo stesso.
Mia madre, che non mi telefona
nemmeno quando la stanno portando in ospedale per un infarto in corso, mi ha chiamata
sul cellulare:
“Habemum Papam!
Ho capito che pure io ero
emozionata solo quando mi sono resa conto di averle detto: “Aspettiamo a festeggiare, che potrebbe essere Scola”, anziché: “Mamma, da quando in qua la prima persona
plurale di habeo finisce in um?!”
La conosco da anni ormai, eppure
mamma riesce ancora a stupirmi: come quando ai 60 suonati inviò il suo primo
sms con delle emoticons, senza che nessuno le avesse mai spiegato cosa fossero; o come
quando si mette a discutere con Siri; o ti chiama al cellulare solo per
informarti che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana ha un nuovo capo.
Mia madre è la persona che più
rispetto a questo mondo. L’unica che abbia sempre creduto potessi fare quello
che fanno tutti gli altri e l’unica capace di farmi venire dei dubbi quando
voglio fare qualcosa più degli altri. Se lei ti dice che “Non è niente” o che “Quando
sarà il momento, in qualche modo si farà”, non puoi non crederci.
Il problema è che mamma ha sempre
creduto nei suoi figli, ma non nel figlio di Dio.
E così a casa siamo tutti atei
quasi convinti, ma del Papa, a quanto pare, ce ne frega lo stesso.
Nell’interminabile attesa tra la
fumata bianca e la comparsata del nuovo Papa sul balcone, io e i miei ospiti ci
siamo lanciati in dispute vaticaniste, pronostici e battutacce: avevamo
favoriti diversi, ma tutti eravamo concordi sul fatto che non ci piacesse il
Cardinal Angelo Scola, che manco sapevamo chi fosse fino all’altro ieri.
Il sangue ci si è gelato nelle
vene quando mio marito ha chiesto: “Ma
suonano l’inno di Mameli perché sanno già che il Papa sarà italiano?”
La tensione cresceva, il Papa non
s'affacciava.
Nessuno avrebbe ammesso che c’era
un po’ di elettricità nell’aria, così ci si dedicava alle freddure e ai cori da stadio:
“Da quanto ci mette a vestirsi, stavolta
potrebbe essere una donna.”
“Oilele, OiPapa, faccelo vedè, faccelo toccà!”
"Affacciati alla finesta, Papa mio..."
“Papa, sappiamo che sei dietro quella tenda: esci con le mani in alto!”
“Non Serpeverde, non Serpeverde, non Serpeverde…”
“Giuro che se non esce, faccio un monumento a Nanni Moretti!”
Diciamo sempre di non credere nei
miracoli, eppure la Chiesa è l’unica che riesce concentrare l’attenzione
di milioni di persone per giorni interi su un comignolo e una tenda.
Ed eccolo lì, bello come il sole
(questa sì che è licenza poetica!), il Protodiacono Jean-Louis Tauran che fa il
suo annuncio con la voce tonante del Canarino Titti:
Annuntio vobis gaudium magnum;
habemus Papam:
Eminentissimum ac Reverendissimum
Dominum, Dominum Georgium Marium Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio
qui sibi nomen imposuit Franciscum
Non saprei dire se fossi più
sollevata dal sentire pronunciare intere locuzioni latine nel rispetto di
desinenze e coniugazioni, o per il fatto che le prime lettere del nome papale
non fossero “Sc”.
Onestamente, avrei pensato finisse
tutto lì. I cattolici avevano un Papa nuovo di zecca: uno che manco avevo
sentito nominare. Chi sarà mai questo Mario? Andate in pace, Amen.
Abbiamo brindato e attaccato il
sushi, col sottofondo di SkyTG24.
Già comincivamo a parlare d’altro,
quando al balcone si è affacciato SuperMarioPope, dicendo: “Fratelli e sorelle … buonasera”.
O beh, almeno è un Papa educato:
parla come Speedy Gonzales, quindi confesso che un po’ già mi piace.
“Voi sapete che il dovere del conclave
era quello di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali lo
siano andati a prendere quasi alla fine del mondo”
Cavolo, questa frase è
fraintendibile … io e i miei amici ci siamo guardati con turbamento: chi inizia a parlare
di asteroidi, chi opta per l’opzione più ottimistica “vuol dire che viene da lontano”.
“Grazie per l’accoglienza.”
“Vorrei dare la benedizione, ma
prima vi chiedo un favore”
Dai, è davvero uno educato! Se
non fosse credente, potrebbe essere figlio di mia mamma: “Le cose si chiedono per favore!”
Poi chiede a tutti di pregare per
lui. Io faccio finta di nulla, ma mentalmente prego un pochino: io non ci
credo, ma il Papa sì e fare un favore a volte non costa davvero nulla.
E alla fine concede l’indulgenza
plenaria, persino a chi lo segue sui social. Comprendo subito che, solo per il
fatto di usare Twitter, sono stata perdonata da Dio. Cazzo, figata! Cazzo … si
può dire cazzo dopo un’indulgenza? Mi sa che non sono proprio tagliata per il
Paradiso …
Ma veniamo al dunque.
So che potrebbe apparire
pretenzioso il fatto che una che manco cammina dia consigli a Sua Santità, ma
per Dio, finché il clero si arrogherà il diritto di spiegarci come fare tutte
quelle cose che, tecnicamente, loro non possono fare, io mi sentirò autorizzata
a dire al Papa come dovrebbe comportarsi con quella parte del suo gregge che non
cammina con le proprie gambe.
Caro Francy,
spero non ti dispiaccia se ti
chiamo Francy, comunque fa nulla, perché so che non potresti mai finire nemmeno
per errore su un blog ove si scrivono tante parolacce.
Dicevo.
Caro Francy, vienici incontro. Non
son qui a perorarti la causa dei gay, perché già faccio fatica a sostenere le
mie di battaglie e poi loro sono ovunque e sapranno difendersi da soli. A quel
che si dice in giro, in confidenza, cerca di guardati le spalle pure in Vaticano.
Parliamo di ciò che mi sta davvero
a cuore, tipo le risposte del cazzo che date a chi soffre o è malato.
Non è che a tutti sia concesso il
dono della fede: non giudicarci per questo.
Non venirci a dire che siamo così
perché in noi sia fatta la volontà del Signore, altrimenti il minimo che ti
becchi è un Vaffanculo.
Non dirci che pregherai per noi:
abbatti le barriere architettoniche e mentali, che preferiamo.
Non dirci che siamo così perché Dio
ci ama più degli altri, perché la risposta più ovvia sarebbe: “Pensa se mi odiava!”
Non dirci che verremo ripagati di
tutto dopo la morte, perché tu puoi pensarla come vuoi, ma per me quando sei
morto non succede più nulla, e non è che poi sia una prospettiva necessariamente
orribile.
Non dirci che se non abbiamo fede
dobbiamo pregare per ricevere la fede, perché sei abbastanza colto da capire da
solo che è una tautologia: siam mica qui a morderci la coda!
Non dirci che non dobbiamo usare
il preservativo, perché se io sfornassi un figlio disabile, sono abbastanza
certa che non sarai tu a tenergli la mano dopo l’ennesimo intervento, a
litigare perché venga messa una pedana a scuola o a piangere perché tuo figlio
ti chiede: “Perché a me?”
Non dirci che non si
pasticcia con le staminali o con la fecondazione eterologa, esattamente per gli
stessi motivi di cui sopra.
Non dirci che dobbiamo continuare
a vivere anche quando vorremmo solo morire. Siamo tipi tosti, attaccati alla
vita più di ogni altra cosa e, semmai arrivassimo al punto di volercene
disfare, è proprio perché questa vita l’abbiamo amata al punto di non
sopportare l’idea di finire con l’odiarla.
Non mi sembra chiedere molto. Sono però aperta al
confronto e se hai dei dubbi, non esitare a contattarmi in qualsiasi momento.
Baci (fraternissimi)
Tua Engy
P.S. Fossi in te, scomunicherei
il cronista di SkyTG24 che ha detto che hai 76 anni e pertanto si può
facilmente prevedere un breve pontificato.