Non cesserà mai di stupirmi come
una religione che dica di credere nel libero arbitrio si prodighi tanto per
criticare o addirittura ostacolate il diritto di scegliere – e perché no,
sbagliare - delle persone.
Non si è fatto attendere nemmeno questa
volta il giudizio del Vaticano sulla decisione di una giovane donna, Brittany
Maynard, che ha stabilito lucidamente il modo per lei più dignitoso per morire. Ma
ecco che arriva un uomo che indossa sottanoni ed enormi patacche d’oro al
collo, che ci tiene a spiegarci che la scelta di Brittany non è dignitosa.
Oserei quantomeno asserire che è opinabile persino credere che “dignitoso” sia
farsi ungere la fronte d’olio come una patatina fritta e supplicare un Dio di
non comprovata esistenza di perdonare i propri peccati. Immaginandomi sul letto di morte, se mentre soffro le anticipate pene dell’Inferno devo proprio scegliere tra
raccontare ad uno sconosciuto i cazzi miei e l’iniezione di morfina, non ho
troppi dubbi. Ma posso tranquillamente accettare che per un cristiano sia
dignitoso morire così… Che altro ci si potrebbe aspettare da gente che
considera fico crepare lapidati, bruciati, scarnificati, scuoiati o attaccati a
ruote dentate? Però mica tutti siamo cristiani e, soprattutto, mica tutti siamo votati
al martirio eh!
Non serve essere psicologi per
capire che quando una persona inizia una frase con “Non per giudicare…”, quello che sta per fare è precisamente
esprimere un giudizio. Non si smentisce in tal senso Mons. Carrasco de Paula che
dice: “Non giudichiamo le persone, ma il
gesto in sé è da condannare. Una morte così non ha assolutamente nulla di degno.“
Eh Monsignore, questo non è “non giudicare”, ma farlo cercando pure di pararsi (male) il culo.
Esiste un limite personale al
dolore e alla sofferenza che ciascuno riesce a sopportare. Tale limite non può
essere stabilito dal Vaticano. Normalmente le persone non bramano di morire
anzitempo. Quando ciò accade, non possono essere altri a decidere che devi
vivere comunque.
La Chiesa ci tratta da sempre
come bambini cattivi, a prescindere dall’età. Il continuo criticare le
scelte altrui, il cercare addirittura di proibire ciò che considerano
“sbagliato”, trasmette solo l’idea che per loro siamo tutti idioti amorali, che
farebbero le peggio cose, se solo ciò non comportasse finire in galera o all'Inferno.
Nella
vita mi è capitato di stare davvero male. Da bambina mi hanno tagliuzzata
ovunque e ricordo ancora bene non solo le notti in cui mi svegliavo in ospedale
per il dolore alle gambe, ma anche che preferivo resistere il più possibile, che
farmi fare la puntura per dormire. Mi terrorizzava non avere alcun controllo sui miei stati di coscienza e avevo solo sette anni. Da adulta ho provato altri dolori davvero difficili da
sopportare, eppure mai una volta mi è passato per la mente di voler morire.
Questo perché sapevo sarebbero finiti e che i momenti brutti sarebbero comunque
stati meno di quelli belli. Ma quando si ha la certezza che non esiste via
d’uscita e che quello che provi è destinato solo a peggiorare? Arriva credo un
momento in cui semplicemente decidi che non vale più la pena resistere. Ora, io posso davvero capire che qualcuno che crede in un
certo tipo di Dio possa donargli la propria sofferenza, ma questa è e deve
essere una scelta individuale. Personalmente è una scelta che non condivido, ma
da qui al dire che sia una decisione da condannare, mi pare che qualche
differenza ci sia. Lo so che i bravi cattolici pensano ci si debba
affidare al buon Dio, ma se permetti sono disabile dalla nascita: non è che abbia
fatto molto per guadagnarsi la mia fiducia!
Sostenere poi che rendere legale
l’eutanasia sia un modo per incentivare le persone a farla finita è un po’ come
dire che portare le persone al Gran Canyon sia un incoraggiamento a buttarsi di
sotto. Non è che rendere una cosa legale la faccia improvvisamente desiderare di
più… anzi, a ben guardare, di solito è il contrario. Al limite serve a
portare allo scoperto una pratica già presente in Italia e a trasformarla in qualcosa di più
civile e controllabile. Se la possibilità di scelta riguarda la propria morte in caso di malattia terminale, renderla legale non coinciderà col trasformarla in
qualcosa di divertente da fare quando t'annoi. Per arrivare a desiderarla al punto di metterla in
atto, bisogna prima aver annientato l’istinto più potente dell’uomo: la
sopravvivenza. Però un uomo che si sente in trappola spesso prende decisioni
più impulsive di chi sa di poter scegliere. Il suicidio non sempre è
pianificato a lungo, mentre l’eutanasia dovrebbe esserlo per forza di cose… In
Svizzera, dove l’eutanasia è legale, molte persone alla fine hanno dei
ripensamenti. A volte è proprio l’idea di poter spingere il maniglione
antipanico in qualsiasi momento e uscire, a dare la forza per resistere dentro. Fai
sentire un uomo in trappola e farà del male agli altri o a se stesso, pur di liberarsi.
Ora, non provare nemmeno a
tirarmi fuori la storia che una persona che desidera togliersi la vita è
depressa. Ti ricordo che sono psicologa e il mio impegno va’ precisamente nella
direzione di aiutare le persone a non suicidarsi. Alcune a volte vorrei ucciderle, ma nessuna di queste rientra nella categoria di quelle che vorrebbero lo facessi. Dovessi mai fallire nel dissuadere un aspirante suicida, sono sicura che mi farei un profondo esame di coscienza, mi chiederei
se davvero ho fatto tutto il possibile per aiutare quella persona, se ho
trascurato qualcosa… sicuramente ci starei male. Ma ricordo ancora un libro di
psicologia, in cui si parlava di un paziente a grave rischio suicidario,
rinchiuso in una camera imbottita con tanto ti camicia di forza, che riuscì ad
ammazzarsi in modo truculento, rimbalzando decine di volte sul materasso, sino a sfondarsi il cranio a testate sul
soffitto. La storia era messa lì per dire che, per quanto un terapeuta ce la
metta davvero tutta, se qualcuno ha davvero deciso di farla finita, alla fine
ci riuscirà. Ed è precisamente quello che dico al telefono, quando mi chiamano
dicendo di volersi uccidere: “Io non
posso in nessun modo impedirti di farlo, ma dato che mi hai chiamato, farò
tutto quello che mi permetterai di fare per aiutarti”. L’ho detto solo due
volte nel mio lavoro di accoglienza telefonica e ognuna delle due volte è sembrato
che il cuore mi scoppiasse in gola per la paura. Ma so che alle persone va lasciata
la responsabilità della propria vita: se togli quella, diventa più facile
uccidersi, perché puoi dare a qualcuno la colpa di non averti salvato. Anche agli psicologi piacerebbe
poter fare miracoli, ma non siamo Dio e non possiamo né forse vogliamo decidere
per gli altri.
Ovvio che un malato terminale sia a rischio depressione: non
credo che sapere di avere un tumore al cervello renda nessuno particolarmente
allegro, a meno che il bubbone non prema sulla corteccia cerebrale
ventromediale. L’eutanasia però non è un suicidio ed è capzioso definirlo “suicidio
assistito”. L’eutanasia è diritto all’autodeterminazione, quando non c’è alcuna
possibilità che si possa continuare a vivere senza convulsioni, dolori
lancinanti, alimentazione o ventilazione forzata… ma soprattutto senza speranza
di miglioramento. E lo sta dicendo una persona che accetterebbe ognuna
di queste cose, tranne forse il dolore. Non tutti riescono a credere nei
miracoli, io poi ho sempre preferito le dure verità alle false speranze. Un
prete una volta mi disse che Dio non dà alle persone più di quello che sono in
grado di sopportare. Beh, se è così, quando qualcuno decide di morire, per me è
Dio che ha fatto male i conti.
Rimane da capire se alla fine il
Dio dei cristiani s’incazzi di più quando un malato terminale non riesce a
sopportare oltre la propria condizione o quando i credenti giudicano o cercano
di impedire il libero arbitrio, che mi risulta sia un Suo dono… Magari
se ce l’ha donato, vuole proprio che lo usiamo no? E si dà il caso che sia uno
di quei doni che implichi il rischio di sbagliare, ma senza il quale non si può
scegliere. Insomma, sarebbe come comprare il motorino a tuo figlio e poi
proibirgli di usarlo. Se non vuoi che lo usi, almeno non regalarglielo no?
Personalmente, dovessi credere in
Dio, mi piacerebbe pensare che Lui non giudichi troppo male chi ricorre
all’eutanasia e forse nemmeno al suicidio: se una persona decide di morire, non
serve punirla… mi pare evidente che abbia già sofferto abbastanza in vita.
Scegliere di morire non è
codardia e nemmeno coraggio: credo sia semplicemente essersi scontrati col
proprio limite di sopportazione. Esclusi i casi di distorsioni
cognitive e malattie psichiatriche - che per definizione compromettono la
capacità di giudizio e quindi il libero arbitrio - chi siamo noi per giudicare il
modo in cui una persona lucida decide di morire, quando la malattia lo condanna ad una
fine orribile?
Onestamente, col senno di ora, non credo sarei
capace di ricorrere all’eutanasia... ma mi piacerebbe sicuramente poter
scegliere, senza migrare in Oregon.
Su, Santa Madre Chiesa! Non dico
che certe cose ti debbano piacere, ma prova a dare fiducia ai tuoi figli. Anche
riconoscendo il diritto all’eutanasia, all’aborto o ai matrimoni gay, non
staresti dicendo che sono cosa buona e giusta: staresti solo dando la
possibilità alle persone di esercitare il libero arbitrio. Che poi certe
decisioni siano giuste o sbagliate, lascia che sia Dio a giudicare… Anche se
non sono certa esista, ho più fiducia nel Suo metro di giudizio che nel tuo.
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