mercoledì 17 luglio 2013

Cuore e acciaio

La carrozzina elettrica.
Laddove voi vedete acciaio, plastica e grovigli di cavi, io vedo un cuore vivo e pulsante, arterie e muscoli che, la maggior parte delle volte, funzionano meglio dei miei.
 
La Natura è stata Matrigna per alcuni di noi, ma grazie al cielo abbiamo un Babbo Ingegnere niente male.
 
Questo lo dovete capire, perché troppo spesso è evidente che considerate i miei ausili niente più che giocattoloni inanimati, con un valore meramente monetario, peraltro ampiamente sottostimato. Anche volendo metterla sulla vile pecunia, ben pochi bipedi sono in grado di fare una stima verosimile. Che ci crediate o meno, molte carrozzine ad auto-spinta costano più della vostra utilitaria e, sfortunatamente, servono incredibilmente di più e durano molto meno.
Ma non voglio buttarla sul lato economico, perché non stiamo parlando di cose, non più di quanto possano essere considerate “cose” un braccio, una gamba,  un fegato o un polmone.
La carrozzina elettrica sono le mie gambe, la mia autonomia, la mia autostima, la mia vita.  
Vedi di ricordartelo, razza di orango decerebrato, quando carichi una sedia a rotelle nella stiva di un aereo, trattandola come fosse una valigia piena di abiti da lavare.
A parte il fatto che, da ieri sera, mi chiedo quale possa mai essere il quoziente intellettivo di una persona che vede uno strano oggetto di 112 kg., con  due batterie capaci di alimentare due furgoni e che si muove facilmente su quattro ruote e decide di scaricarlo dalla stiva mettendolo a testa in giù. No dico, perché? Sei forse un diretto discendente degli Atzechi, che disegnavano un sacco di cerchi e non hanno mai capito a che minchia servisse la ruota? Pensavi che la sedia a rotelle fosse uno strano pezzo del Tetris da incastrare tra una Samsonite e due Carpissa? Ce l’hai con me?
No, per sapere. Perché su un fanalino rotto si può soprassedere, ma poteva finire molto peggio, e tu nemmeno lo sai. Perché non è questione di principio, è questione che riparare una sedia a rotelle non è come mettere un gesso su quelle tue gambine pelose che ti spezzerei tanto volentieri.
Innanzi tutto, non c’è un pronto soccorso per sedie a rotelle: se non sei disposto o non puoi anticipare di tasca tua, c’è una pratica ASL. Che significa rinunciare a muoverti da sola per mesi. Ma mettiamo che puoi andare “privatamente”, se pensi che la visita a quello specialista del cervello che hai pagato 250 euri per farti dire che noi hai speranze sia caro, devi sapere che, nella migliore delle ipotesi, io arrivo a pagare 700 euro per un joystick rigenerato e devo aspettare che arrivi dalla tedeschia. Se si tratta dei motori, invece, ti assicuro che darei entrambe le mie bellissime quanto inutili gambe in ostaggio, per riavere subito la mia carrozzina funzionante sotto il culo.
Gli ospedali poi non chiudono nei mesi estivi, le rimesse di sedie a rotelle sì.
Conosco e so usare correttamente ogni più piccola componente della mia sedia a rotelle, non come te che ragioni col cazzo.  
So distinguere ogni suo rumore, armonica e vibrazione.
Per calmarmi, io non mi concentro sul battito del cuore, ma sul rassicurante bi-bip del joystick che si accende e sul suono in crescendo prodotto dall’accelerazione.
Quando qualcosa non va, io lo sento, proprio come quando tu sperimenti quel senso di malavoglia: non sapresti ancora identificare i sintomi, eppure lo sai che qualcosa nel tuo corpo non sta funzionando come dovrebbe! (N.d.r.: è la testa)
Lei non è una macchina, lei è me! E la sua centralina funziona molto meglio dei due neuroni rincoglioniti che tieni in quella capa!

Sì, ce l’ho ancora con te, scaricatore della SEA che tratti le sedie a rotelle senza il rispetto che meritano. Sei stanco, insoddisfatto della vita, sottopagato e bistrattato dai tuoi superiori? Anche la mia sedia a rotelle lavora dall’alba a notte inoltrata, senza orari, senza ferie e baciandomi il culo ogni volta che mi vede, il tutto per una manciata di elettroni ingurgitati nottetempo, mentre io me la ronfo. Eppure, quando mi pianta in asso, di solito è perché incontra gente come te negli aeroporti.
Non so se tutto questo discorso ti abbia fatto capire qualcosa … a dire il vero non so nemmeno se sai leggere. Scusa, non è per pregiudizio, ma il sospetto viene se sei il tipo che mette le ruote di un veicolo in alto, anziché adese al pavimento. Mi spiace a questo punto aver speso una fortuna in alimentatori al gel, perché gente come te merita di essere sciolta nell’acido delle batterie che ha messo sotto-sopra.
Hai mai pensato che se tieni una vita di merda è colpa di tutte le maledizioni che gente come me ti manda quotidianamente? Riflettici: alcuni di noi hanno un sacco di tempo per pregare e ti assicuro che se dovessero scegliere tra la loro guarigione e la tua disgrazia, il dilemma sarebbe forte.
Comunque, se questa mia dovesse giungere alle tue orecchie, sappi che se mai ti incontrerò per strada, sarà mia premura farti ottenere la pensione d’invalidità, senza frodare lo Stato.
E a voi, che nulla avete a che spartire con un addetto carico-scarico della SEA e che considerate forse eccessiva questa pagina, chiedo solo una cosa:
portereste in vacanza con voi le vostre gambe, se sapeste che probabilmente sull’aereo ve le spezzeranno?

lunedì 1 luglio 2013

Non sono mica un cantiere!

Non è educato fissare le persone.
I disabili sono persone.
Non è educato fissare i disabili.

E scusate se ho scomodato Aristotele, ma io non so più come farvelo capire.

Lo so che non se ne vedono tanti di handicappati in giro - cosa che per inciso, è colpa vostra – ma fissare la gente è maleducazione, anche nel caso di gente strana come me.
E non ci sono eccezioni alla regola.

Non m’interessa se avete un cugino di terzo grado in sedia a rotelle e io ve lo ricordo tanto.

Non m’importa se avete fatto la guerra del ’15-’18 e, pur tra tanti orrori, vi mancava proprio lo spettacolo dei miei piedi storti.

Me ne frego se quando eravate piccoli voi, si andava a prendere l’acqua al fiume e non riuscite a non rimanere abbagliati come leprotti davanti ai fari della mia Otto Bock. Piuttosto ricordate che spesso ai leprotti, in simili frangenti, accadono cose spiacevoli.

Ora vi spiego per l’ultima volta due o tre cosette che mi par di avere già ribadito fin troppe volte.
So che è difficile concentrarsi con tutto quel sangue che va verso i muscoli anziché al cervello, ma provateci. 

Facciamo un breve ripassino:

 1)  “Vedere ma non toccare” è un detto che va bene per gli oggetti inanimati. Se proprio sentite il bisogno irrefrenabile di fissare intensamente una persona menomata, andate al Van Gogh Museum: chi ha orecchie per intendere …
 2)  Anche se si muovono poco, i disabili non rientrano nella categoria "oggetti inanimati".
 3)  Protesi, carrozzine, girelli, stampelle ed uncini, pur essendo oggetti inanimati, sono attaccati ad un soggetto animato e vanno considerati estensione del medesimo. Pertanto, per la proprietà transitiva, godono delle stesse regole dell’educazione applicabili agli esseri umani, anche perchè alcuni ausili sono più senzienti di voi.
 4)  E’ da considerarsi “fissare” anche la ripetuta messa a fuoco con repentino distoglimento dello sguardo, a meno che, contemporaneamente, non gridiate “ bubusettete!”.
 5)  Se a fissarmi è il piccolo frutto dei vostri lombi, non serve che gli diate una sberla la prima volta: dagliela solo se, dopo una serena spiegazione, si mostra recidivo. Se non ve la sentite, gliela do io: intendo la spiegazione. 
 6)   Se indossate dei leggings leopardati sopra un paio di Hogan con borchie d’acciaio e lapislazzuli di plastica o una maglietta Hawaiana cachi che non indosserebbe nemmeno Magum P.I. dopo una sbronza, se volete vedere qualcosa di veramente brutto, non fissate il disabile davanti a voi, guardatevi allo specchio prima di uscire di casa.
 7)  Anche se fan finta di nulla, i disabili si accorgono che li state fissando, pure quelli ciechi. E se non se ne accorgono loro, se ne accorge il cane guida, che è peggio.
 8)  Anche se non sembrano infastiditi dal vostro sguardo da pesce palla, i disabili sono creature fragili, specie nel loro intimo, tipo i coglioni.
 9)  Se continuate a fissare i disabili, qualcuno v’infilerà una trave nell’occhio. Nel Vangelo mica lo spiegano come ci finiscano le travi negli occhi, ma sono abbastanza certa che c’entri il non farsi gli affari propri.
 10) Se sui mezzi pubblici non sapete come passare il tempo, invece di fissare il disabile, prendete un libro, magari uno di quelli pieni di figure, da cui si possono imparare un sacco di cose, tipo farsi i cazzi propri.
 11) C’è un App per cellulari che segnala i cantieri aperti: gli operai li pagano apposta per essere fissati e ricevere consigli da gente come voi.  Davvero. Se si lamentano, ricordate al tizio col martello pneumatico che avete tutto il diritto di fissarlo e di criticare il suo lavoro.

Quando mia mamma mi ha insegnato a non rispondere maleducatamente alle persone, probabilmente non aveva previsto che così tanta gente ignorasse le più banali norme di comportamento.
Finora ho sopportato, non sempre esattamente in silenzio.

Ma da oggi la musica cambia. Non mi limiterò a lanciare sguardi alla Clint Eastwood o a sottolineare i deficit cognitivi dei fissatori compulsivi, che tanto non capiscono le mie sottili freddure. Se voi potete fissarmi per tutto il tempo che vi va, do per scontato che della privacy non ve le freghi un tubo, quindi vi posso fotografare e mettere la vostra faccia da primate ebete online. Magari con una bella didascalia esplicativa, tipo: “Esemplare di Homo Ficcanasus fotografato mentre fissa da ore un disabile, incurante dei predatori che gli stanno sfilando il portafogli dalla borsa”.

Essere curiosi è bello, manifestarlo non sempre.

Se ancora le mie parole non vi hanno convinto, vi ricordo il vecchio adagio che recita: “La curiosità uccise il gatto”.
Ora dite “miao”.