mercoledì 5 giugno 2019

LA SCELTA DI NOA

Appurato che l'Olanda ha autorizzato l'eutanasia di Noa solo nella fantasia di alcuni giornalisti italiani, vi racconto l'incipit del mio Manuale di Psicologia clinica del primo anno di Corso.
La Prefazione al libro, quella che nessuno legge mai, riportava il caso di un paziente determinato a morire. Ricoverato coattivamente, imbottito di tranquillanti e con tanto di camicia di forza, venne messo in camera di contenimento: una bella stanza dalle pareti imbottite e con un solo materasso a terra. Il paziente, appena lasciato solo, iniziò a saltare decine di volte sul materasso per arrivare a craniare il soffitto non imbottito. Lo trovarono un'ora dopo, con la testa fracassata da numerosi colpi. 
Il libro continuava dicendo che, se lo studente lettore stava valutando i possibili errori commessi dall'ospedale, avrebbe dovuto considerare una strada alternativa a quella della psicologia o della psichiatria, perché non aveva compreso la questione fondamentale: puoi esserci e lavorare al limite dell'umanamente possibile, ma non devi mai dimenticare che la scelta finale spetta sempre a loro. 
La prefazione finiva con un solo suggerimento: se un paziente ti dirà di volersi ammazzare, rispondigli onestamente che, se ha davvero deciso, non potrai impedirglielo, ma che sarai al suo fianco finché vorrà ancora considerare delle alternative.
Ci raccontano che se siamo diciasettenni o depressi o malati, non siamo nelle condizioni di scegliere lucidamente. La verità è che definiscono abominevoli tutte le scelte che non condividono. Se da adulti, maggiorenni e sani, fossimo sempre in grado di prendere decisioni lucide dopo averci ben pensato, non si spiegherebbe il divorzio.

Avrei concesso l'eutanasia a Noa? No. Ma sarei stata dolorosamente certa che avrebbe comunque trovato come morire, probabilmente con modalità più orrende, lunghe e strazianti di un'iniezione letale. E di questo mi sarei sentita in colpa: del fatto che non le avrei permesso di morire dignitosamente solo perché IO non sarei riuscita a vivere con l'idea che forse c'era margine per salvarla. 

Quando si parla di concedere o negare l'eutanasia, ogni scelta è sbagliata e, forse, dopo tutto, aveva ragione quel libro: il punto è accettare che la scelta è di chi vuole morire, non nostra.