venerdì 23 gennaio 2015

INTERVISTA SHOCK(CA)!

Ecco… io lo so che in un’intervista ci sono delle domande classiche che ti devono sempre fare. Insomma, se i lettori di una rivista/giornale/blog ancora non ti conoscono, da qualche parte si deve pur incominciare per introdurre il personaggio. Mica sono Salvini, che le sparo così grosse che poi mi conoscono tutti.
Ogni intervista dunque, per forza di cose, inizia più o meno sempre allo stesso modo e le domande interessanti ti aspettano solo verso la fine, se sei fortunata. Non sempre eh: grazie al cielo ci sono in giro ancora un sacco di persone che sanno fare il proprio lavoro. A volte ammetto di essere stata tentata di copia-incollare alcune risposte, invece di sforzarmi sempre di dire qualcosa di più e di diverso, pur rispondendo alle stesse domande. Il problema è che, dopo un bel po’ di interviste, sento come il bisogno di rispondere veramente quello che mi passa per la testa. Così oggi ho deciso di mostrarvi cosa uscirebbe fuori, se solo fossi stronza e asociale come dico di essere. Cioè, la natura è quella, ma mamma mi ha insegnato a mordermi la lingua almeno dieci volte prima di rispondere. Se così non facessi, ecco come sarebbe andata con le domande peggio formulate che mi sono state poste sinora…

Angela Gambirasio, disabile, nasce a Gallarate il 19 giugno 1975. Dicci chi sei…
Guarda, c’è gente che sta in analisi decenni per capire chi è senza ottenere risultati definitivi, quindi probabilmente non so chi sono: non pratico nemmeno l'autoanalisi! Se vuoi ti dico chi credo di essere, ma non penso che la risposta piacerebbe ai tuoi lettori. Tra l’altro, scusa, è proprio indispensabile iniziare un’intervista dichiarando al mondo che sono un’handicappata provincialotta sulla soglia della quarantina? Tu forse ti presenti a un estraneo dicendo: “Ciao, sono Pinco Pallino: un cinquantenne calvo di Busto Arzizio”? Non potremmo partire, chessò, dalle cose positive? Tipo: "Angela Gambirasio, alta, mora e con la quinta di reggiseno"? Per esperienza so che interessano più le tette che la sedia a rotelle e tu mica scrivi per Famiglia cristiana.

Vivi costretta su una sedia a rotelle… cosa ti è successo?
Ecco, non è che c’è un tizio che ogni mattina mi punta una pistola alla testa e mi costringe a usare la carrozzina minacciandomi di morte se solo provo ad alzare il culo. Io uso una carrozzina, proprio come tu usi le scarpe. Nemmeno tu sei obbligato a indossare quegli orribili mocassini color topo anemico. Potresti scegliere di indossare qualcosa di decente o persino di andare in giro scalzo, anche se sarebbe indubbiamente più scomodo. Pure io potrei non usare la sedia a rotelle e starmene a letto, ma di solito scelgo, proprio come te. Solo che oltre a che scarpa indossare (per convenzione sociale più che per utilità oggettiva), scelgo se indossare la carrozzina a mano o quella a motore, le ruote artigliate o quelle da interni, la scocca nera o quella rossa… Più o meno scelgo sulla base degli stessi due principi con cui un bipede sceglie le scarpe: comodità vs eleganza. L’unica vera differenza è che a te basta una scarpiera, a me serve un garage.
Per quanto riguarda invece il “cosa ti è successo?”, risponderò a questa domanda solo se lo farai prima tu. Quindi dimmi: “Cosa ti è successo per diventare così?” Non suona tanto bene fatta a un bipede eh? Beh, sappi che non suona tanto bene nemmeno posta a un disabile.

Qual è il tuo rapporto con Dio?
Me lo chiedi per sapere se il mio libro è stato messo all'indice dalla Chiesa? Purtroppo no... altrimenti sarebbe già un Best Seller. Guarda, non so più che scrivere per far incazzare i preti. Dovrò chiedere a Dan Brown. Comunque, per risponderti, ho avuto una breve storia adolescenziale con il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ma Lui non è mai stato presente per me. Sai, quelle tipiche storie d'amore tormentato che esistono solo nella fantasia di una ragazzina, mentre Lui manco sa che esisti... o forse è Lui a non esistere.. bah, non credo che faccia differenza alla fine. Poi sono cresciuta e ho sviluppato una spiritualità più matura: ora sono Pastafariana.

Cosa vorresti dire a chi è come te?
Come me come? Stronza? Laureata? Sposata? Pendolare? Intelligente? Figa...? Io sono un sacco di cose, mica solo disabile. Ma comunque non preoccuparti, perché a prescindere dall’attributo personale cui ti riferisci, la risposta sarebbe comunque la stessa: niente! Io non voglio proprio dire niente a chi è come me, perché nessuno è come me. Sono una persona unica e – grazie al cielo, direbbero molti – irripetibile. E sai? Non sono la sola ed essere unica e irripetibile: pare che, nel bene e nel male, queste due caratteristiche siano le sole peculiarità davvero trasversali all’intera razza umana, al di là di ogni razza, nazione, religione e quoziente intellettivo. E poi io sono una che si fa i cazzi suoi e non va a dare consigli alla gente... non lo faccio nemmeno quando mi pagano per farlo, figuriamoci gratis!

Perché hai scritto un libro?
Ma che cazzo ne so. Faccio un sacco di cose senza un motivo. Prendi il mese scorso: ho lavorato una sciarpa all’uncinetto. Tutti mi hanno detto che era bella, ma non uno che mi abbia chiesto perché ho trascorso ore a farla, che i cinesi te le tirano dietro a un euro. Sì, insomma, faccio certe cose perché ho voglia di farle e basta, mica per salvare il mondo. Che tra l’altro una sciarpa d’inverno probabilmente può davvero migliorare la vita di qualcuno, mentre il mio libro al massimo può far ridere. Se poi qualcuno impara qualcosa leggendolo, la verità è che probabilmente era già imparato da prima, ma ancora non l’aveva capito. Io sono Rogersiana dentro... sai Rogers? Quello psicoterapeuta che curava le persone facendosi pagare per dirgli che potevano curarsi da sole? Ecco: io uguale, ma guadagno molto meno. Anche quando faccio consulenza, so che la persona che ho davanti già possiede le capacità per auto-comprendersi, crescere, migliorare e pure cambiare, se vuole. Il mio compito è solo ricordarglielo. Figurati se poi vado a scrivere un libro pensando davvero di migliorare il mondo! 

Perché hai scelto una casa editrice sarda?
Io non ho scelto proprio niente. Me l’hanno consigliata, ho spedito il libro in Word e loro hanno deciso di pubblicarlo. E’ stata l’unica casa editrice cui l’ho proposto, proprio perché non pensavo mica di intraprendere la professione di scrittrice e mi sarebbe scocciato pure buttar via i soldi per una stampa che magari nessuno avrebbe letto. Scrivere mi piace, sbattermi per far pubblicare ciò che ho scritto, sicuramente no. L’unica associazione mentale che è partita quando ho scoperto che la casa editrice stava in Sardegna è stata: “Sardegna=Cannonau”. A me questo è sembrato un motivo più che valido per lavorare con loro. Semmai la domanda andrebbe fatta a loro: “Perché avete scelto un’autrice della Padania, terra di ciuccianebbia e polentoni, rinomata per esistere solo nella mitologia leghista?”

Da chi ti piacerebbe essere intervistata?
Da Paolo Attivissimo. Sai quello che smaschera le bufale che circolano sul web? Così magari ci sarebbero in giro meno miti e leggende pure sugli handicappati.

Puoi farti una domanda da sola?
Così da poter dire che me le canto e me le suono? Beh… se proprio devo, la domanda che in questo momento mi assilla è: birra doppio malto o Amarone? Sembra una cosa stupida, ma guarda che una scelta piuttosto che l’altra, porta a due tipi di serata diametralmente opposti! Capisci? Come sarebbe: “Sono astemio”? Cosa ti è successo? Ah già, scusa… domanda indelicata in effetti…

Ecco. L’intervista degli orrori finisce qui. Tutte le domande che leggete sopra non sono purtroppo opera di fantasia, ma sono state realmente poste. Se non le avete trovate da nessuna parte è perché mi sono avvalsa del diritto di non rispondere, se non in presenza di un avvocato che potesse testimoniare che avevo aggredito il giornalista perché provocata. Credo dobbiate sapere che ne ho anche rifiutate alcune di interviste, una proprio l’altro ieri, con un giornalista molto noto di cui non voglio fare il nome, ma che chiamerò amichevolmente “Lo Sciacallo”. L’intervista si è fermata esattamente alla prima domanda, ed è andata così:

"Di che malattia soffri? Un giorno peggiorerà?"
"Guardi, l'intervista finisce qui, per il suo bene."
"Ma i nostri lettori sono curiosi di conoscerti!"
"Me o la mia prognosi? No, lasciamo perdere."
"Ma sarebbe pubblicità gratuita per il tuo libro!"
"Non mi serve il genere di pubblicità di chi non ha letto il libro e ne parla solo perché scritto da una disabile."

Dubito che se un giornalista leggerà questo post mi proporrà mai un’intervista. Se capiterà, ora ho maggiori speranze che sia un’intervista intelligente. Del resto, ho portato avanti sempre e solo quelle. Sappiate però che, per quanto bene verrà formulata, c'è una sola domanda a cui non risponderò mai: di che patologia soffro. Certo... a meno che non siate di Medicina 33.
 
 

lunedì 12 gennaio 2015

Je suis confus

Alla luce dei fatti di Parigi, come sempre si sono delineati i soliti profili di personalità da pecoroni. Tutti credono di essere più o meno originali, ma basta vedere i post e i tweet per capire quali sono le macro-famiglie di appartenenza.

Il Vendicativo con delega

Il Vendicativo, al seguito di personaggi illustri non necessariamente intelligenti, come Salvini, evolutivamente parlando, è rimasto al codice di Hammurabi. Occhio per occhio, dente per dente, ma se gli hanno solo sparato, meglio aumentare la dose, che se no muoiono subito e non soffrono abbastanza. Magari ecco, Salvini lo hanno sempre considerato un cretino su tutto il resto, però su sta cosa qua ha ragione. Noi vittime innocenti, loro pazzi fanatici. Il punto è che hanno cominciato “loro” e ciò autorizza di default il Vendicativo a rendere la pariglia. Nemmeno da mettere in dubbio che la colpa stia tutta dalla parte di là. Noi li accogliamo e loro vedi come ricambiano? Vogliono dettar legge a casa nostra, dirci cosa è giusto o sbagliato, insegnarci come vivere e chi pregare… Sì insomma, si comportano più o meno come qualsiasi cattolico, ma facendo riferimento al Dio sbagliato. Al Vendicativo non devi nemmeno provare a dire che non è che le abbiamo proprio “bene accolte” queste persone. Insomma, accogliere significa far sentire l’altro a proprio agio e ben voluto e non credo che prendere per il culo in modo volgarotto ciò in cui crede, rientri nel termine “accoglienza”. Fermo restando che qualche vignetta dissacrante non è un buon motivo per uccidere… anche se mi sforzo da ore di trovare un qualsiasi buon motivo per uccidere. Ma il Vendicativo invece ce l’ha: se hanno ucciso, uccidili, possibilmente in modo cruento. Dubito poi che un qualsiasi Vendicativo se la sentirebbe di applicare direttamente una sola delle torture che auspica. Sì insomma, vanno torturati, stuprati, spellati vivi, bruciati e dati in pasto ai porci, ma nome e cognome di chi deve farlo non si sa. Personalmente, io eviterei non solo i terroristi, ma pure chi se la sentisse di porre in essere certe rappresaglie… e credo pure il Vendicativo in fondo.
Il vero problema del Vendicativo, è che non conosce direttamente nessun terrorista, perché pare che non vadano in giro dichiarandosi tali se non a strage ultimata. Quindi, per non sbagliare, lui rimanderebbe al proprio paese tutti i mussulmani, senza distinzioni di sesso, età o pratica religiosa, dimostrando tra l'altro  di confondere il concetto di religione con quello di Paese di origine. Sì insomma, se la carnagione vira sul brunito e tengono la barba tipica di quelli lì o il burqua, che tornino in Mussulmania. Tanto qui non si integrerebbero mai con noi, che nel 2015 mandano ancora in giro le donne col velo! E almeno su questo argomento, io in effetti ammetto che non saprei come ribattere, ma magari le suore sì.

Il Martire sulla carta

Il Martire non ha ancora capito cosa sia successo, perché o quanti morti e feriti ci sono stati, che ha già offerto il proprio perdono a tutti. Cosa incredibilmente facile, tra l’altro, se non hanno ammazzato gente che conosci. Certo, il Martire è sensibile e si commuove sinceramente un po’ per qualsiasi cosa, ma la sua rielaborazione del lutto è incredibilmente veloce, spesso molto più veloce di quella del Vendicativo, che non si dà pace fino a che non vede almeno un terrorista sforacchiato sul selciato. Il Martire ama tutti e accetta tutti, ma nella maggior parte dei casi non saprebbe annoverare nemmeno il nome di un conoscente mussulmano. Però inneggia la pace, l’amore, la tolleranza, in un mondo dove tutti convivono serenamente, quando la realtà dei fatti è che spesso non riusciamo a coabitare in armonia nemmeno col nostro coinquilino che lascia alzata la tavoletta del water e non usa il sottobicchiere.
Il Martire non crede nella violenza come soluzione ai problemi: lui al massimo metterebbe chi sbaglia in prigione, ma trattandoli bene, che non bisogna mica scendere al loro livello. Perché, anche se non lo ammetterebbe mai, questo è il Martire: una creatura misericordiosamente superiore. Non ha forse Gesù perdonato i suoi carnefici? E il Martire è pronto a fare altrettanto, salvo che non è mai stato martirizzato. Per come la vedo io, troppo facile perdonare se non ti hanno davvero sparato almeno al cane. Tutti bravi a fare i Martiri con i morti degli altri.

Lo Scienziato

Appena partono le prime ANSA su un attentato, lo Scienziato ha imparato tutto quel che c’è da sapere su Charlie Hebdo e la Jihād, in mezza dozzina di click, ma si era già fatto una precisa ed immutabile opinione dopo la prima googlata. Rispolvera la Fallaci, di cui non ha mai letto un intero libro, ma che sa citare a memoria e la chiama a testimoniare dalla tomba sui fatti attuali.
Lo Scienziato per natura è tollerante, anche se non tace la propria convinzione che tutto questo non sarebbe mai successo se non fossero mai esistite le religioni. Beh, certo, per essere del tutto al sicuro, dovremmo abolire anche la politica, che pare sia al primo posto come matrice di atti terroristici e magari pure lo sport, che qualche ultrà a volte si lascia prendere la mano. Il bello dello Scienziato è che usa parte di quello che sa per giustificare la teoria che gli preme al momento, ben sapendo che gli altri tanto sono ignoranti e difficilmente lo contraddiranno. Insomma, prende alcuni fatti veri e li usa per dimostrare che ha ragione, come se ogni verità scientifica non fosse infarcita anche da contro-prove. Quello che lo Scienziato lascia trasparire, è che il suo è un parere autorevole, in quanto sa un sacco di cose, mentre in realtà sa solo come cercare rapidamente delle informazioni spicciole.
Come la risolverebbe lui? Qui gli Scienziati si dividono: per alcuni uno Stato laico, colto e democratico è la panacea di ogni male, ma non è ben chiaro come estirperebbero tutta l’ignoranza e le false credenze del popolo. Per altri, semplicemente non ce n’è: l’uomo come specie è destinato ad autodistruggersi ma tanto, quando accadrà, lo Scienziato sarà già morto e perderà l’ennesima occasione di dire: “Ve l’avevo detto!”.

Ecco, questi grosso modo sono i macro-greggi di pecore delineati in questi giorni, più la mia categoria preferita, che è quella del Sicuri-polimorfi, che in pratica condividono ora un pensiero, ora l’altro, a seconda del contesto.
A che categoria appartengo io? Non lo so. La verità è che non so praticamente un cazzo di religione mussulmana e tanto meno di Jihād, ISIS o terrorismo islamico. A dirla tutta, credo che non saprei distinguere un mussulmano da un ebreo... mi confondo sempre chi si mette la tovaglia da pizzeria in testa e chi la coppetta del Papa. Del resto, davanti a simili gesti, l'ultima cosa che mi interessa sapere è di che religione, partito o squadra fosse chi ha ucciso. Non esiste nessun valido motivo per uccidere e il fatto che mio suocero sia ancora vivo lo dimostra. 
Non fosse che a Psicologia mi hanno insegnato che tendiamo sempre a vedere la malattia mentale laddove non riusciamo a concepire i gesti di un essere umano, me la sarei cavata dicendo che per me tutti i terroristi sono malati di mente instabili, che più che uccisi, andrebbero diagnosticati per tempo e imbibinati di Haldol e Roipnol. Ma è troppo semplice dire che uno è matto solo perché fa qualcosa che la maggior parte delle persone che conosci non farebbe. Con questo criterio, puoi ricoverare chiunque non sia, chessò, comunista... non che in passato non sia stato fatto eh!
L’unica opinione che mi sono fatta è che posso capire chi, non avendo forse di meglio nella vita, si lascia invischiare sino alla morte dall’unica cosa che lo fa sentire accettato ed importante. Non dubito che per essere il tizio che spara o che si fa saltare in aria in nome di Dio, non serva essere cattivi, quanto disperatamente bisognosi di appartenere a qualcuno o a qualcosa. Poi la convinzione che “i cattivi” siano quelli "di là" potrebbe forse convince pure alcuni Vendicativi locali a premere il grilletto.
Faccio invece molta più fatica a capire cosa si prefiggano le organizzazioni dietro a questi poveri fantocci facilmente manovrabili. Insomma, se hai davvero campi di addestramento e cellule dormienti da risvegliare a comando, non puoi essere un cretino qualunque. Ma se non sei cretino, cosa ti prefiggi con un attacco come quello a Charlie Hebdo, di vendere più copie? Dai, siamo seri. Pure io ho fatto la figa fingendo di aver sempre saputo cosa fosse Charlie Hebdo, ma se oggi conosco almeno alcune delle sue vignette più grette e offensive è solo merito dei terroristi. Ecco… mi sfugge la logica, ma forse perché sono capace di comprendere che singoli individui si comportino in modo illogico, mentre dai gruppi terroristici ben organizzati mi aspetterei qualcosa di più. La ragione non può essere quella di spaventare qualcuno, perché se davvero esiste una “Mente”, deve essere abbastanza sveglia da capire che di fronte al nemico ci si unisce, mica ci si sparpaglia in giro per fungere da facili bersagli. Prima c’era un Charlie Hebdo, oggi ce ne sono miliardi: complimenti per il risultato eh!

Ecco, questo vorrei capire. Non la logica degli esecutori, ma quella delle presunte organizzazioni che hanno alle spalle. Perché se un fine è stato raggiunto, è solo quello di aver fatto sentire fratelli dei popoli che prima si sfottevano a vicenda e di avergli dato un nemico tanto comune quanto confuso. Che poi, quale grande atto terroristico sarà mai stato? Tre imbranati armati di kalashnikov hanno ucciso dodici persone, laddove un adolescente incasinato in una qualsiasi scuola americana in passato ha mietuto molte più vittime, pure più carine.
Non ci vuole un genio per procurarsi un arma e sparare e nemmeno un motivo. Per questo non ho paura dei mussulmani… non più di quanta ne abbia dell’emo sfigato che vive in fondo alla mia via. Ecco di cosa dovremmo avere tutti davvero paura: di quello che può fare una persona non integrata in un tessuto sociale variegato. Di ciò a cui può decidere di sacrificare la propria vita, pur di sentirsi parte di qualcosa. E le uniche armi a nostra disposizione, non sono la vendetta, il perdono o la cultura, ma l’attenzione all’altro e ai bisogni fondamentali dell’uomo.

Ecco su cosa dovremmo ragionare dopo le prime naturali reazioni che tutti abbiamo avuto nei giorni scorsi. Siamo umani e, davanti alla minaccia, attacchiamo o fuggiamo. Questo è ciò che abbiamo fatto tutti: abbiamo sparato nel mucchio o siamo fuggiti alla cieca. Ci siamo arrabbiati e abbiamo espresso pensieri orribili, facendoci più grandi di quel che siamo, perché chi si mostra debole, potrebbe essere scambiato per una preda. Oppure abbiamo avuto paura, ci siamo chiesti se annullare quel viaggio, ci siamo domandati dove andremo a finire e, magari, per sentirci meno impotenti, abbiamo dato la colpa ai giornalisti, perché chi si comporta sempre bene, non rischia certe cose. Infine abbiamo cercato di razionalizzare, di cercare cause, ragioni, spiegazioni, illudendoci che sapendo, verificando, spiando, arrestando, tutto tornerà sotto controllo. Noi siamo stati almeno per un istante il Vendicativo, il Martire, lo Scienziato. Io lo sono stata e lo sono ancora a tratti, e non me ne vergogno: ogni uomo reagisce così davanti ad un attacco. Ma ora proviamo a ragionare davvero, perché questa non è una guerra in cui servano Punitori, Martiri o Eroi. Non esiste causa al mondo che possa definirsi "una buona causa", se chiede a qualcuno di morire per essa. Si può morire per qualcuno fatto di carne e ossa, non per qualcosa e tanto meno per Dio, che credo sia abbastanza grande e grosso da non necessitare di difensori. Chiunque asserisca il contrario, è un terrorista disposto a dar via la propria vita solo perché non ha avuto modo di amarla abbastanza.