giovedì 14 febbraio 2013

Angeli con la pistola

Okay, non sarò il genere di persona che si turba per ogni dimissione di Papa, ma la notizia di Oscar Pitorius di stamane... mi ha destabilizzata.

Nella mia vita ho avuto pochi idoli e forse me li sono sempre scelta male. Il primo fu il Capitano James Tiberius Kirk. Ebbene sì: ho avuto un’adolescenza da trekkie e ancora ne pago le conseguenze. Confesso che la cotta mi è passata solo incontrando William Shatner di persona, ad una Convention di Star Trek: anni di fantasie sessuali infranti dall’immagine di un vegliardo ciccione e pomposo, che spara battute di basso livello.
Oggi forse è meglio se evito il verbo “sparare” va’.
Ma in fondo ho sempre saputo che l’uomo non era il personaggio e col Capitano me ne sono fatta una ragione, pur di non rinunciare alle mie fantasie autoerotiche. Ora che ci penso, pure a Shatner è morta la moglie in circostanze sospette. Cavolo! Potrei avere un’inconscia passione per gli uomini con tendenze uxoricide. Dite che dovrei prendere in seria considerazione il divorzio?
Non so se avete notato che sto prendendo tempo con le cazzate, perché non so bene come affrontare la cosa. Innanzi tutto con me stessa.
Insomma, ho sempre saputo che anche Oscar Pistorius era un uomo, con dei difetti, come tutti. Invero, ho sempre avuto il terrore che prima o poi avrebbe fatto la cazzata, col rischio di offuscare il messaggio che lui rappresenta. Devo però ammettere che ero più preoccupata dall’idea che potessero beccarlo a doparsi.
Ma a quanto pare, quando un disabile sbaglia, deve fare pure quello meglio degli altri.
E ora i tweet e l’ironia ci stanno tutti. Mi sono fatta delle grasse risate con le battute sul Papa e non posso mica offendermi per quelle su Pistorius. Anzi, facciamo così, le battutacce le faccio pure io, mi sanguina un po’ il cuore, ma ce la faccio. Ne ho proprio appena letta una fortissima, sul fatto che ora Pistorius sarà ammesso pure alle SparaOlimpiadi. In effetti ha dovuto fare molta meno fatica ad entrare in queste che alle Olimpiadi normali: è bastato premere un grilletto.
E’ più semplice per un disabile ottenere il porto d’armi che entrare nel magico mondo del normodotato.
Fossi in voi, lo terrei bene a mente.
Meno male che ha deciso di costituirsi, altrimenti a quelli della polizia gli toccava ingaggiare Bolt per l’inseguimento.
Ok, sto ancora prendendo tempo. Però mi sento già meglio.
L’ironia sarà la nostra salvezza.
Ma  sono ancora un po’ sconvolta. E pensare che non lavoro nemmeno alla Nike. Già me li vedo i fotomontaggi di Pistorius con la pistola in mano e la scritta “Just do it.” Che poi in fondo da uno che si chiama Pistorius potevamo forse un po’ aspettarcelo che avesse una pistola. No dico, una pistola! M'immagino l’alibi:
“Pensavo fosse lo starter caricato a salve, e invece…”
Ok. Ora basta. Le battute le ho fatte, così siamo pari con quelle sul Papa.
La verità è che lui è il mio idolo. L’unica persona che sia riuscita a farmi piangere di gioia, a farmi sperare, a farmi credere che finalmente qualcuno potesse mettere sotto gli occhi del mondo intero un’immagine diversa della disabilità. L’immagine di uomini e donne forti, che non temono la polemica, che lavorano su se stessi e sulla realtà che li circonda e che alla fine la cambiano!

Persone che si possono guardare con ammirazione, non per il coraggio necessario a “vivere così”. Perché non è il coraggio a farti “vivere così”, è la natura! “Così” ci siamo nati o ci siamo diventati e non serve coraggio per questo! Non serve coraggio laddove non c’è possibilità di scelta! E il suicidio non è una scelta, perché “così” spesso non è nemmeno tanto male.

Il vero coraggio di Pistorius è stato quello di sfidare il sistema che lo voleva in un punto specifico della piramide sociale.
Il vero coraggio di Pistorius è stato quello di fare tutto quello che desiderava fare, anche quando gli dicevano che non avrebbe potuto o dovuto farlo.
Il vero coraggio è quello di non tirarsi indietro, nemmeno quando le polemiche partono, a volte, proprio da quelli che la società ritiene siano “come te”. Perché la società vede solo quello che c’è fuori e alcuni disabili, in questo, sono terribilmente simili ai normopensanti.
Pistorius: l’uomo che è riuscito a farsi accettare dagli atleti normali più di quanto sia riuscito a farsi comprendere da quelli amputati. L’uomo che ha dimostrato che ciò che rende simili le persone sono i sogni e la determinazione, molto più che un paio di gambe.
L’uomo che ha fatto parlare di sé, attirando l’attenzione del mondo su un tipo diverso di disabile: che non si piange addosso, che non sta dove lo mettono e che è pure bello, e non mi riferisco al dentro.
A lui avevo dedicato il post del 4 agosto 2012: “Anche i disabili piangono”.
Mi vantavo del fatto che piangere pubblicamente, per una come me, fosse un evento epocale e invece oggi è accaduto di nuovo (cazzo sul treno!), sempre a causa di Pistorius.
Solo che all’ora piangevo perché sentivo un sogno crescere dentro di me: la speranza che un uomo potesse abbattere col suo esempio un po’ di barriere mentali.
Ho pianto, per la gioia del sentir parlare di disabilità  in modo diverso da prima: senza lo squallore del filtro patinato e gli strazianti sottofondi musicali da “La vita in diretta”.

Ho pianto per un disabile di cui non si è parlato in quanto vittima, ma come ispirazione.
Ho pianto perché su quella pista olimpica, quel giorno c’ero anche io.
E quel giorno abbiamo vinto: la prima grande battaglia mediatica.
E piango anche oggi: un po' di rabbia, un po' di tristezza.
Piango perché ho paura che questa tragedia possa offuscare il messaggio di Oscar Pistorius. Perché quando sbaglia l’uomo, alla fine succede che la gente si dimentica del messaggio.
Ma anche questo sbaglio rientra pienamente in quel messaggio.
Perché Oscar Pistorius non è un Eroe, ma un uomo, proprio come quelli con tutte le parti del corpo al posto giusto.
Abbiamo sbagliato noi a trasformarlo in un idolo, perché fare di Pistorius un Eroe non significa altro che inserirlo del novero delle eccezioni che confermano la regola generale: ovvero che i disabili sono sfigati.
Certo, ci ha fatto comodo avere un Paladino senza macchia che ci rappresentasse per un po’.
Sono disabile, mica scema: conosco l’importanza del marketing.
Ma alla fine lui è un uomo e come tutti gli uomini sbaglia, anzi, quando lo fa, lo fa alla grande.
E ora ne parleranno ancora tutti: l’uomo senza gambe con una pistola.
E sia.
Forse è bene che i normodotati sappiano anche questo: che quando una persona disabile è spaventata o, perché no, incazzata, magari finisce che ti spara.
Ricordatevelo la prossima volta che sostate sul parcheggio per disabili.
Detto ciò, è pur vero che nessuno può sostituirlo. Di disabili tosti è pieno il mondo, ma difficilmente c’è la telecamera giusta dove serve. Fa molto più audience il disabilino sfigato, che dà la possibilità al normodotato di turno di dimostrare la propria carità cristiana. Mi stupisce anzi che Monti non si sia preso un cucciolo di spastico anziché un cane, ma forse è solo perché se sbava il primo fa senso, mentre se lo fa il secondo è carino: anche questa è discriminazione.

Ci serve un altro sex symbol. Se solo Obama scivolasse giocando a basket, potrebbe andare.
Presidente inciampi: lo faccia per noi.
Perché il marketing oggi è tutto e ciò che davvero non perdonerò mai a Pistorisu è di aver deluso la Nike. Ma forse lo ha fatto apposta:
Impossible is nothing: nemmeno sparare diverse volte "per sbaglio" alla tua fidanzata il giorno di San Valentino.
Sapete che vi dico? Per ora me lo tengo questo Pistorius come Eroe. Certo, potrebbe diventare un Eroe negativo. Tutto, purchè non inizino a dargli del povero disabile che per errore ha ucciso l'amore della sua vita. A quel punto magari gli sparo io: un cavallo zoppo non lo abbatterei, ma un disabile poverino sì.
E ora vado a rileggermi “Anche i disabili piangono”, perché oggi ho bisogno di ricordare i bei momenti, per non dimenticare perché mi sono innamorata di questo pistola.
A voi potrebbe bastare questo invece:

lunedì 11 febbraio 2013

Se anche il Papa vi abbandona, diffidate di quelli come me, che non lo farebbero mai

A parte la facile ironia che si potrebbe fare - che ho fatto e che sto facendo su Twitter e su Facebook - circa le dimissioni del Papa, suppongo che sia facile per un cristiano scorgervi nefasti presagi. 

Insomma, se Dio non riesce a sostenere nemmeno il suo Rappresentante Ufficiale, che speranze hanno tutti gli altri?

Dio ha davvero abbandonato financo la sua pecorella bianca più prossima?
I tempi sono così bui e spaventosi che neppure Sua Santità è all'altezza?
Oppure il Papa sa cose che noi non sappiamo, tipo che i Maya avevano ragione, ma hanno toppato di qualche mese?

C'è caso che se qualcuno si mettesse a costruire una barca in questi giorni, i cristiani ci si fionderebbero sopra. 

Perché i cristiani convinti sono abituati a vedere il bicchiere bello traboccante di fede e se appena qualcuno ci dà una sorsata, ecco che si comincia a vedere il bicchiere secco, senza passare nemmeno per il mezzo vuoto.

Insomma... spetta davvero a un'agnostica come me, l'ingrato compito di prospettarvi delle alternative più plausibili della prossimità della fine del mondo?
E per "alternative plausibili" non intendo che magari Dio non esiste, non oggi almeno. 
L'ho già detto: non sono il tipo che spara sulla Croce Rossa, soprattutto se le passa davanti con le gomme a terra.

Ma vediamole queste alternative.

Non potrebbe essere che Dio si è un po' ammorbidito negli ultimi millenni e magari gli amari calici non tocca più mandarli giù tutti d'un sorso?

Ratzinger ha chiesto di passare l'amaro calice e per questo dovrà mandar giù un sacco di merda nei prossimi giorni. Se ha comunque deciso di farlo, chi siamo noi per giudicare quanto facesse schifo il contenuto?

Certo, anche a me, a volte, piacerebbe passare la mano a qualcun altro, soprattutto quando sto male, sono malata o semplicemente stanca di sopportare il peso di tutto questo. Un po' mi fa incazzare che il Papa possa farlo, mentre io no, ma la verità è che, anche potendo, non lo farei.

Se non abbandono il campo, è solo per Orgoglio e per Superbia.

Per Orgoglio, perché non potrei mai accettare di essere etichettata come quella che parlava tanto e poi alla fine ha mollato, che non ce la faceva mica.
Per Superbia, perché credo fermamente che nessuno sia bravo quanto me in quello che faccio.

IO sono il tipo di persona che non abbandonerebbe mai il suo gregge, anche a costo di portarlo con me nel baratro.

Sospetto che sia proprio per questo Dio non mi abbia scelto come Capo della Sua Chiesa... se no mica si spiega.

Non potrò mai capire davvero chi decide di lasciare. Però posso capire benissimo che a volte lasciare richiede molto più coraggio che non farlo.

Solo un deficiente avrebbe lasciato la conduzione della Chiesa senza pensarci su molto bene e di Ratzinger si possono dire un sacco di cose, ma non che sia un deficiente.

Esporsi così alla critica pubblica, sapere di creare smarrimento e paura in coloro che dovresti guidare, lasciare le proprie truppe demoralizzate, alla mercede dei detrattori della Chiesa... Sembra proprio un brutto scenario.

Però, magari, e sottolineo magari, potremmo essere d'innanzi ad un novello Quinto Fabio Massimo, accusato da tutti di codardia, ma che alla fine salva il culo ai romani caciaroni da Annibale, proprio col suo temporeggiare e ritirarsi.

Ma scommetto che voi credenti siete più tipi da vittoria di Pirro. 
La tensione del non sapere come va a finire, proprio non la reggete. 
Persino a Gesù gli è toccato risorgere dopo soli tre giorni, che se no sparivano tutti.
E anche in tre giorni, per me già c'era chi stava lì a pensare ai vitelli d'oro.

Non sto mica dicendo che Ratzinger sia uno stratega militare, ma se lassù qualcuno Gli ha permesso di lasciare, si sarà fatto i suoi conti, no?

Oppure non credete in un Dio che sappia fare 2+2?

E così il Papa vi lascia... e voi lì smarriti, a chiedervi Perché.
Si vede che non siete disabili professionisti. I disabili sanno che il Perché è una domanda stupida, che non porta da nessuna parte, se non alla rabbia e all'autocommiserazione . La vera domanda che dovreste porvi ora invece è:

ok, e adesso?

E adesso quel che volete. 
Non statevene però con le mani in mano. 
Fate qualcosa per Dio!

Sempre lì ad aspettare la cazzo di manna che scende dal cielo. Forse Dio si è pure stufato di risolvere tutti i vostri problemi e di sentirvi lamentare perché invece della manna preferivate i popcorn. 

Sono passati duemila anni e ancora aspettate che Dio vi mandi qualcuno ad aiutarvi a risolvere i vostri casini! Cavolo, foste figli miei, vi avrei già presi a calci in culo! E forse, dopo tutto, lo sta facendo.

E poi scusate, che sono tutte queste tragedie ora? Manco vi piaceva sto Papa! Non negatelo! Vi sentivo n'è! 

"Papa Giovanni Paolo II però faceva così, Papa Giovanni Paolo II non avrebbe detto cosà..."

Beh, Papa Giovanni Paolo II è morto: fatevene una ragione. 
Non vi attaccate alle cose! Che poi non vi accorgete di quello che avete in mano al momento, fino a che non ve lo portano via e d'un tratto non era nemmeno tanto male.
Magari sto Benedetto uomo era stufo di farsi dare del nazista massacra gay a causa dell'accento. La Chiesa non è mai stata favorevole all'omosessualità e voi vi incazzavate col Ratzy ogni volta, solo perché ve lo ricordava. 

Ma non si dice che praticare e meglio che predicare?
Che ve frega se il clero rinnega l'omosessualità, finché buona parte la pratica?
Ok, ok... questa era bassa, ma solo per ricordarvi che io non sto dalla parte dei credenti e che non vedo l'ora di tornare al posto che mi spetta.

Ve la siete presa col Crucco solo perché era diverso dal precedente. Un po' come quando ti muore il cane e quello dopo non è mai all'altezza: non scodinzola come quell'altro, non è affettuoso, spaventa i bambini e non sa nemmeno giocare a palla.

Beh, Fido è morto e Fido II forse se ne va perché non riesce a trovare l'osso che gli avete lanciato così lontano.

Fossi ancora schiava del senso di colpa cattolico, mi farei un esamino di coscienza e invece di criticare sto Papa, mi chiederei se l'ho aiutato abbastanza. Ma dimenticavo che gli esperti di pagliuzze e di travi siete voi.

Ma non temete.
Se credete in Dio, dovete anche credere che verrà sempre e comunque fatta la Sua volontà, anche se ora come ora voi non la capite. 
Almeno è così che a me l'avete sempre rifilata finora.

Ringraziate piuttosto di non avere un Papa orgoglioso e superbo come me.

Scommetto che il prossimo Papa sarà fikissimo. Magari non posterà su Twitter, oppure lo farà, ma solo dopo aver capito come funziona.
Magari parlerà francese, che se parli male dei gay con accento francese, tanto la gente non ci crede davvero.
Forse sarà pure nero! Così oltre alla profezia di Nanni Moretti si avvererà pure quella di Elio e le Storie Tese.

Sia come sia, magari il prossimo trattatelo meglio, che se no tocca a quelli come me difenderlo... e questa sì sarebbe la fine del mondo!

P.S. Ho appena riletto tutto e mi sorge un dubbio: si può difendere qualcuno paragonandolo a un cane? Per me sì: io i miei cani li adoro.



giovedì 7 febbraio 2013

L'ignoranza merita risposta


Possibile che sia davvero l’unica persona al mondo a non sentire alcun bisogno di preoccuparsi di “quello che la gente potrebbe vedere o pensare”?

Sono  davvero l’unica a credere che la maggioranza delle persone abbia di meglio da fare che star lì a giudicare la mia vita, il mio modo di vestire o le mie azioni? E anche se fosse, esattamente perché la cosa dovrebbe turbarmi? Insomma, se stan lì a guardare me, è evidente che non hanno una vita propria, e probabilmente nemmeno la TV satellitare, poveretti!

Forse pure io mi metterei a spiare gli altri se l’alternativa fosse guardare ogni giorno “La vita in diretta”.

Insomma, il mondo è pieno di gente che non ha molto da fare, se non preoccuparsi dei massimi sistemi che non avrà mai modo d'influenzare. Se non ci fossero persone come me a mandare in onda qualche programma insolito, le loro vite sarebbero terribilmente vuote e non saprebbero di che parlare.

Io da anni alimento le leggende di un intero paese di provincia, solo andando in giro con carrozzina a motore, marito e cane al guinzaglio. Uno di questi giorni faccio il colpaccio e attacco il guinzaglio a entrambi. Dieci a uno che entro due ore indicono una seduta del Consiglio Comunale.
Ancora stan lì la sera attorno al fuoco a narrare della volta in cui il mio compagno mise i pattini e attraversò la piazza a tutta velocità, attaccato alla carrozzina elettrica.

Chi sono io per negare a queste persone le piccole gioie del voyeurismo?

Certo, tu mi puoi fissare e addirittura giudicare quanto vuoi, però io ho il diritto di metterti in imbarazzo di conseguenza: a ognuno le sue piccole perversioni.

Per esempio, questa settimana debbo l’unica giornata divertente ad una frequentatrice di Twitter. Essa ha deciso di tirare le orecchie a un prete, che ha osato fare un complimento ad una pagina del mio blog, colma di volgarità.
Questo difensore della Chiesa - che vorrei davvero entrasse nelle nostre vite, per ricordarci che c’è sempre chi sta peggio di noi - sfogandosi con un cristiano dichiarato scrive: 

“... leggi cosa scrive @EngyOhEngy... Poi mi dici se non è volare”.

Lì per lì, io l’avevo pure preso per un complimento.

Certa gente però pensa sempre male e tende a vedere errori di stampa ovunque, pure nei potenziali elogi. Ma dico io: fatti gli affari tuoi, no?

E invece no. Così, grazie ad alcuni scambi di tweet, abbiamo appurato alcune cose, tra cui:

1) Il mio blog non è “volare”, bensì “volgare”. E su questo, cazzodevo dare piena ragione.
2) Non importano i contenuti, purché non si pronuncino parolacce, se no ai bambini chi ci pensa.
3) Una parolaccia è più grave dello stupro della lingua italiana su un social network basato sulla sintesi della lingua scritta.
4) Non sono una persona "con la testa tra le nuvole e i piedi per terra". E anche su questo, cribbio, non ho modo di confutare.
5) I preti che invece di scomunicarmi mi seguono, sono degli infedeli.
6) Cit.: “L ‘ ignoranza non merita risposta . Pensi prima di scrivere o preghi” [n.d.r.: gli orrori di battitura non sono opera dell’autore del blog… e scusate se ci tengo a chiarirlo].

Sul punto cinque non mi pronuncio: credo che persino il Vaticano abbia di meglio da fare che controllare i following del clero. A me sta bene che mi seguano, ma solo perché sono persone intelligenti, a prescindere dalle loro credenze.

Ora, fatti salvi i punti 1) e 4), vorrei dire la mia sui restanti.

Innanzi tutto, che cazzo ci fanno i bambini su Twitter?! Vorrei dire che cazzo ci fanno in generale sul web, senza un adulto accanto, ma i tempi d’oro di Telefono Azzurro, in cui una senza prole come me poteva permettersi di dare suggerimenti ai genitori su come educare i figli, sono finiti da un pezzo. 
Ci tengo fra l’altro a sottolineare che buona parte del mio attuale vocabolario truce, la devo agli adolescenti che chiamavano il numero gratuito, con tanta voglia di scherzare e gli ormoni che uscivano dalle orecchie. Se qualcosa ho dunque imparato durante la mia esperienza in help-line, sono proprio le parolacce... sfortunatamente apprendo in fretta.

Ah! Ho anche imparato a non essere bacchettona.

Gli adolescenti mi hanno addirittura insegnato che, dietro un atteggiamento volgare e strafottente, si cela la volontà di dialogo più spesso di quanto non si sia portati a pensare.

Chiusa la parentesi del “teniamo lontani i nostri bambini da tutte le cose brutte del mondo”, così appena escono senza mamma e papà, i maniaci non devono fare fatica, passiamo ad un argomento che mi sta a cuore.

Per come la vedo io, prima impari a parlare, poi a scrivere e infine, se vuoi, provi a Twittare
E’ ora di finirla con la gente che fa tutto il contrario di come si deve.

E scusate se sono grammar-nazi, ma ho studiato dalle suore per tredici anni e, avendo perso la fede, devo continuare a ripetermi che ne è comunque valsa la pena per l’educazione scolastica.

Quanto al punto sei, mi permetto di dissentire. 

L’ignoranza merita risposta eccome! 

Agli ignoranti si deve e si può rispondere, non tanto perché loro cambino, ma perché il mondo si renda conto che certe persone rompono i coglioni  e che certa gente non è disposta a far finta che non esistano. 

Non è che se ignori la zanzara che ti ronza nelle orecchie, quella se ne va di sua spontanea volontà, non prima di averti prosciugato almeno.
Voi fate un po’ come volete, ma per quanto mi concerne, se la zanzara non si limita a sniffarmi da lontano e si avvicina troppo, io accendo il Vape.

Per non parlare di quelli che provano a convertirmi… o dovrei dire “riconvertirmi” alla religione cattolica. Se Dio esistesse davvero, dovrebbe aver maggior cura della pubblicità negativa costituita da   alcuni suoi agenti monomandatari. 
Non ho alcuna vaga intenzione di pentirmi per ciò che sono, n'è di piegarmi al giudizio di Dio... se per "giudizio di Dio" si intende quello di cui i bigotti sono portavoce indiscussi, pur non avendo preso i voti. 
Tra l'altro, prima di permettermi di mettere in discussione la religione cattolica, ho sostenuto tre esami di teologia e ancora so di non saperne abbastanza. Gradirei che chi si sente in diritto di difendere tale religione da me, avesse letto la Bibbia almeno una volta. Non per snobismo culturale, ma semplicemente perché non è eticamente corretto citare le Scritture per avvalorare la tua tesi con chi non sa nemmeno di cosa stai parlando. 

Neppure Satana citerebbe la Bibbia per convincere un ignorante e io di strada ne ho ancora da fare prima di incarnare il Demonio, checché se ne dica.

Certa gente sa proprio come convincerti… a restare della tua idea.

E sì che sarei pure una che ascolta volentieri delle valide argomentazioni.

Pagherei oro per essere un'atea convinta, anziché un'agnostica tormentata.

Bramo delle discussioni intelligenti sull'esistenza di Dio, preferibilmente con chi ci crede ed è aperto al dialogo. Dovrebbe essere pure più facile per loro, dato che non ho mai avuto intenzione di convertire nessuno alla miscredenza, visto che è un fardello.

Invece gli unici che tentano di riconvertirmi sono dei bigotti sgrammaticati. I preti nemmeno ci provano.
Mi sento un po' come il paziente terminale cui i medici dicono onestamente che non si può fare nulla, poi arriva il Guru che invece sostiene che può fare il miracolo, ma solo se il moribondo ci crede davvero. Insomma, se crepa, è pure colpa sua.

E tutta questa riflessione nasce da un brano del mio blog.

Ironia della sorte, vuole che il pezzo del blog oggetto di tale sacrosanta indignazione fosse “Con qualsiasi nome… purché non rompiate le palle” ove, con il mio consueto gergo da scaricatore di porto, sostengo la mia teoria che dietro la preoccupazione per un linguaggio politicamente corretto spesso  si celi la mancanza di concretezza dell’azione.

Che dire: amo avere sempre ragione.

Ma perché ve ne ho parlato? Beh… perché conosco troppe persone che non dicono quello che pensano, per paura di essere giudicati.

Signori miei, se questi sono i giudizi che dovremmo temere, che vengano... e che ricevano ciò che gli compete: un bel vaffanculo pubblico.

L'unico giudizio che dobbiamo davvero temere è solo il nostro, perché noi lo sappiamo davvero cosa siamo e cosa alberga nel nostro cuore.

E' molto più semplice fregare gli altri che noi stessi 
e del proprio giudizio, non ci si può liberare.

lunedì 4 febbraio 2013

Con qualsiasi nome... purchè non rompiate le palle

Nel weekend sono andata a vedere Django. Non che sia un’amante sfegatata dei film in cui vengono sacrificati ettolitri di passata di pomodoro, ma quando esce un film in cui all’appartenente ad minoranza oppressa viene data l’occasione di fare casino, non posso esimermi dal dare una chance al lungometraggio. E devo dire che è stato catartico, molto più di quei film buonisti in cui giustizia viene fatta, senza che i protagonisti si sporchino le mani. Ma più che per le scene splatter - tra cui si distingue la perla fotografica delle piante di cotone aerografate di sangue - questo film merita per i dialoghi.  Un’amante del non politically correct come me non può non apprezzare scambi verbali tra bianchi che insultano negri, negri che insultano bianchi e negri che insultano negri.

Amo Tarantino perché riesce a far pronunciare così tante volte una parola tabù, da toglierle quell’alone di impronunciabilità che la rende  forte come insulto.
Alla fine del film si ha quasi l’impressione che negro sia sinonimo di “figlio di puttana capace di farti il culo a capanna”, laddove Quentin Tarantino ha da anni sdoganato il termine “figlio di puttana” come equivalente di “mamma”.

E’ ora di finirla con “le parole che non si dicono”.
Basta con le parole che le persone “per bene” non pronunciano.
Tra queste parole ci sono termini come negro, lesbica, mongoloide, handicappato e persino vegetali innocenti come i finocchi. Tutti termini nati in seno a una lingua e divenuti tabù a causa dell’uso improprio che ne fanno i deficienti, ove “deficiente” è inteso nell’uso originale del termine: “colui cui manca qualcosa”, tipo un dizionario.

Ma non è che noi handicappati possiamo stare qui un giorno sì e l’altro pure a cambiare definizione a causa del misero vocabolario dei normodotati. Non ho ancora raggiunto la vecchiaia e già sono passata da handicappata, a portatore di handicap, a svantaggiata, a invalida, a disabile, a diversamente abile, a diversabile. Che poi, quale perversa mente normodotata può concepire parole come “diversabile”?!!
E in tutto questo casino etimologico, a parte una crisi d’identità, non è cambiato assolutamente nulla.
Cari normodotati, voglio mica dare lezioni di ottimizzazione a nessuno, ma magari se la piantaste di farvi le seghe mentali su come chiamarci, trovereste il tempo di buttare giù un po’ di malta e costruire lo scivolo.
Ora, lo so bene che voi certe cose non le potete dire. Lo so bene che vivete nel terrore di essere tacciati di razzismo se ve ne uscite con un “handicappato” anziché con il termine d’uso comune, qualsiasi esso sia, che mi son persa pure io.
Una cosa che il film di Tarantino insegna è che anche una “brutta parola”, se associata a una “bella persona” non suona poi tanto male. Alla fine del film, si ha quasi l’impressione che termini come “nero” o “afroamericano” siano la versione annacquata di una parola con molto più carattere. Senza contare che poi che ne so io se uno è afroamericano, afroitaliano o se ha solo esagerato con le lampade? Mica posso stare a chiedergli la nazionalità prima di decidere a che categoria assegnarlo. Non me la sento nemmeno di dire “è il ragazzo di colore”, che ormai in Italia ce ne stanno più che alla Benetton di colori. Differentemente bianco? Macché stiamo qui a farci le pippe? Io quando debbo incontrare qualcuno che non ho mai visto lo dico chiaro: “Sono quella con la carrozzina a motore sotto il culo”. E poi a me negro piace, ma forse non faccio testo, perché a me piace pure handicappato. Mi dà l’idea di un Dio che, mentre è lì che plasma l’argilla che sarà la mia persona, si accorge che gli sto venendo troppo bene e pensa che così non sarebbe giusto per gli altri, che li ha fatti tutti con lo stampino normale. Così, invece di rifare tutto daccapo, decide di mettermi al mondo con un handicap, di modo che possa giocare alla pari di tutti gli altri. Insomma, una sorta di Dio golfista.

Poi però mi guardo un po’ intorno e capisco che la storia dell’handicap in senso golfistico regge poco, perché a sto mondo ci sono un sacco di disabili sfigati. E non mi interessa se pensate che non si possa dire: io lo dico lo stesso, perché lo penso. Un conto è nascere con un handicap e un altro è piangersi addosso. Forse se i bipedi hanno preso ad usare la parola handicappato come sinonimo di persona sfigata, un po’ è anche colpa nostra. Non abbiamo mai imparato a ridere di noi stessi e, soprattutto, non abbiamo mai imparato a rispondere alle manifestazioni d’ignoranza. Il più prezioso insegnamento materno che mi sia mai stato trasmesso è questo:
“Se non sai difenderti con le mani, usa la lingua.”

E posso assicurarvi che è solo questione di allenamento prima di avere il problema contrario, ovvero quello di non riuscire a stare zitta nemmeno sotto tortura.
Forse un giorno farò una brutta fine, ma per risposte come queste, ne sarà valsa la pena.

 “Ma sei handicappata?”
“Se te ne sei accorta solo oggi, pure tu non sei mica tanto messa bene.”
 
“Poverina… è una cosa passeggera?”
“Ma sarà passeggero lei, che ha un piede nella fossa e uno su una buccia di banana.”

 “Pregherò per te.”
“Perdonala Signore, perché non sa quello che fa.”

 “E’ bello che tuo marito ti sia rimasto vicino dopo l’incidente.”
“Che incidente? Ah… il matrimonio!”

 “Se posso aiutarti, dimmelo.”
“Magari inizia a darmi del Lei, che ho il doppio della tua età e non sono mica tua sorella.”

 “Ho un colloquio di lavoro con la Dottoressa. Arriverà presto?”
“Sono io.”
“Oh scusi… non pensavo che fosse lei.”
“A volte l’apparenza inganna. Non nel suo caso però.”

 “Così su due piedi non saprei...”
“Nemmeno io.”
Qualche giorno fa ho avuto uno scambio di vedute col collega gay, l’unico in ufficio che può chiamarmi un po’ come vuole, senza essere accusato di discriminazione dagli altri. E’ incredibile quanti potenziali insulti si possano scambiare due persone che sanno benissimo di non essere razziste. Parlando tra noi diversi, non serve misurare le parole, così le cose ce le diciamo chiare in faccia:

“Ti rendi conto che puoi permetterti di dire certe cose solo perché sei seduta su una sedia a rotelle?”
“E perché credi che non faccia fisioterapia?”

Ci sono cose che puoi dire solo se stai su una sedia a rotelle. Io questo lo so bene e ci ho costruito su una professione. Ma sapete che vi dico? Se siete assolutamente certi che nessun barlume di presunta superiorità alberghi nei vostri normali cuori rispetto alla diversità, pure voi potere smetterla di misurare le parole.
Le azioni vi caratterizzano più di mille parole sbagliate.
Provate a spingere una sedia a rotelle sui sanpietrini di Milano e poi chiamateci un po’ come cazzo volete.