martedì 19 maggio 2015

Ad Expo non manca nemmeno una rotella

L’inizio non è stato dei migliori.

Vero è che mi sono svegliata all’ultimo e lunedì 11/5 mattina ho cercato di prendere online il biglietto (quello per disabili) per mercoledì 13/5. Però non ci stava mica scritto da nessuna parte che dovevo prenotarli con X giorni d'anticipo. Già il lunedì sera ero inalberata, perché disability-tickets@expo2015.org non aveva risposto in giornata e io non potevo prenotare il parcheggio (serve il biglietto Expo per farlo). Così ho scritto un tweet vagamente minaccioso ad @AskExpo. Sono una brutta persona, lo so... ma è che di solito con le buone maniere non sono mica abituata a ottenere qualcosa. Mi hanno subito contattato in privato e il giorno dopo avevo il mio bel biglietto colorato a soli 17 euro. L'accompagnatore non paga, ma ritira il biglietto direttamente in Expo, se accompagnato dal disabile. Mi piace sta cosa che accompagno io l'accompagnatore!

Insomma, mercoledì mi presento all’ingresso di Expo, naturalmente predisposta ad aspettarmi il peggio, perché è a questo che ci ha abituato la realtà italiana. 

Noto più di una biglietteria dedicata ai disabili, ma il mio biglietto ce l’avevo già, che so' ansiosa io! Mi danno al volo quello per il bipede al mio seguito.
Corsia preferenziale per l’ingresso: mi fanno mettere la borsa sul nastro, un rapido e doveroso controllo da parte di una tedesca davvero gentile. E' l'accento che li fa sembrare chissà che, porelli.

Ora, ho letto di diversi disabili che lamentano l’inaccessibilità di Expo. E giuro che pure io ero pronta a farlo! Eppure, dopo esserci stata, mi chiedo se abbiamo visitato davvero la stessa cosa.

Ho letto di bagni per disabili introvabili. 

Grazie ai miei innegabili problemi di prostata psicosomatica, ho testato ben quattro differenti bagni: uno fuori dai tornelli e tre dentro. Confesso che in quello fuori ci sono andata per malafede: son così abituata a non sapere bene dove e se potrò fare plin-plin, che appena vedo un bagno accessibile, faccio la pipì preventiva.  
Dopo la visita allo stand Coca-Cola, ove si può bere gratis tutta la coca che si vuole, provando pure mix personali e varianti allucinogene, tipo coca zero ciliegia e vaniglia, ecco che la necessità del bagno si fa  impellente. Grazie al logo disabili più grande che abbia mai visto - una carrozzina bianca dipinta in alto, di almeno un metro, su una struttura in legno, - ci ho messo tipo un minuto a uscire e trovare il cesso. Era pure pulito. Volevo piangere.
Ma non finisce qui. Mi son detta: “Beh, se ci sono i bagni pubblici, non posso mica pretendere che li facciano pure dentro padiglioni/ristoranti!”. Poi ho mangiato in Russia e la vodka andava giù che era un piacere, dritta dritta alla vescica. Secondo il noto principio che tentar non nuoce quasi mai, ho provato il bagno. Non so quanto sia accessibile normalmente il Paese dei Compagni, ma ho come il vago sospetto che uno dei pochi cessi russi accessibili stia ad Expo. Non posso garantire per tutti i padiglioni e i ristoranti, ma solo perché quando ho scoperto che c’erano già tre bagni adatti in zona, la mia solita ossessione per la pipì si è vaporizzata.

Credo che ad Expo ci sia la più grande concentrazione pro capite di bagni per disabili. Davvero: neanche a Lourdes!

Mi dicono che alcuni bagni nella zona italiana avevano le chiusure che non funzionavano ma, credo per inconscia abitudine, a fare la pipì nei padiglioni italiani non ci ho nemmeno provato.  Confido - stranamente per me - che sistemeranno pure quelli.

Ma basta parlare di cessi… so che sono solo una mia personale mania, dovuta alla generale penuria.

Scale, scalini e barriere architettoniche fantasma

Ho girato per Expo applicando il rigoroso metodo scientifico del "giro a caso e vedo come butta". Il primo padiglione che ho visitato, è stato quello del Cile. Ecco, vedendo lo scivolo mobile che, quasi completamente al buio, ti porta in alto, mi sono allarmata. Sì insomma, io lo so che i bipedi su certe cose non hanno occhio e temevo di vedermi sbucare davanti, nelle tenebre, un gradino o una barriera in qualsiasi momento. Niente. Liscia.
E così in altri padiglioni: sempre a pensare che sarei arrivata in fondo, scoprendo poi di non poter procedere. Del resto sono abituata ai marciapiedi italiani, dove di solito sali sullo scivolo e scendi tornando in dietro, dopo diversi chilometri, dallo stesso scivolo.

Ad ogni padiglione, se avevo l’accortezza di non incolonnarmi come un pecorone dietro ai bipedi, ma di avvicinarmi alle hostess/stewart, ecco che venivo scortata all’ingresso più adatto per le sedie a rotelle, saltando pure le code: gnègnè!
Qualche salita ripida c’è, ma spesso anche l’ascensore, se chiedi. Con una carrozzina a motore, io opto sempre per gli scivoli, ma capisco che con carrozzine manuali possa servire una spinta. A volte basta chiedere eh...

Ecco, al limite Expo è un problema per chi è anziano o, nonostante le difficoltà motorie, pretenda di girarla col deambulatore anziché con carrozzina. Ho letto che presto metteranno degli scooter elettrici proprio per chi fa fatica a spingersi o camminare tanto a lungo.

Toglietevi comunque dalla testa l’idea di vederla in un giorno! Io mi muovo a venti chilometri all’ora e – dalle 10 alle 22 – non ne ho vista metà. Alla fine della giornata, la mia carrozzina a motore con batterie nuove aveva consumato oltre metà carica, mio marito invece era in evidente riserva.

Unica pecca: il parcheggio per disabili è in fondo e per chiedere il rimborso spese, bisogna attraversare tutta Expo. Alla fine ho rinunciato ai miei 12 euro, ma l’ho fatto più sulla base del principio che, per me, se è accessibile, è giusto pagare come gli altri.

E’ sicuramente migliorabile, come tutte le cose al mondo. Ma è da ammettere che ci hanno messo impegno e, soprattutto, testa. 

Per una giornata, mi sono sentita come durante le mie vacanze all’estero: in un Paese civile.

Credo nelle critiche costruttive, non nelle polemiche a prescindere. Se prendiamo a mazzate sui denti i bipedi pure quando fanno un discreto lavoro per l’accessibilità, non è che li incoraggiamo a continuare a provarci.

Io ho già ripreso un altro biglietto, acquistato stavolta dentro la Stazione di Cadorna a Milano, da cui passo ogni giorno per lavoro. Il 19 giugno farò 40 anni e spero addirittura che qualcuno mi regali il Season Pass (chi ha orecchie per intendere…). Anzi, secondo me dovrebbe proprio regalarmelo Expo, perché se chi legge questo blog non mi conoscesse, si potrebbe pure pensare che questo pezzo è una marchetta.

E’ così drammaticamente facile trovare occasioni per denunciare strutture inaccessibili… ecco, magari non andiamoci a lamentare per delle sciocchezze, se vogliamo restare credibili. 

Cioè no… Non ce la faccio a non dirlo… Ma tipo il disabile che su un certo giornale si lamenta, tra l’altro, che aveva la ruota sgonfia e gli hanno dato una pompa solo allo stand dei gelati?! Intanto è come se una bipede si rompesse il tacco di una scarpa e denunciasse l’assenza di ciabattini dentro Expo. In secondo luogo… ma esistono davvero disabili che vanno in giro con gomme non piene senza portarsi dietro la bomboletta per le forature o una pompa?! E poi dice pure che lui è uno adattabile e che sa arrangiarsi...

No, davvero, scusate: giuro che volevo andarci con tutte le buone intenzioni di criticare, ma non ci sono riuscita. Lo dimostrano ampiamente alcuni miei post precedenti, in cui esibisco tutto il mio EXPOSCIETTICISMO. Inizio a sospettare di non essere la spacca-maroni che vorrei.

Comunque ci tornerò. Magari poi scopro che i padiglioni che non ho visto erano del tutto inaccessibili.

Per ora vi do il mio ok sui seguenti padiglioni, in rigoroso ordine a cazzo:

- Regno Unito. Andateci la sera, per apprezzare al meglio l’alveare e l'unica passeggiata in sedia a rotelle che riuscirete mai a fare in un vero e selvaggio prato inglese (c'è il trucco!)
- Francia. Entrate dal lato. Tutto ok e all’uscita, dove c’è il chiosco a forma di camioncino, vi offrono pure un formaggio meraviglioso, ma così evidentemente calorico da poterlo smaltire solo visitando tutto il resto di Expo.
USA. Quelli c’hanno interi stati accessibili, figuratevi se non lo è il padiglione!
- Germania. Accessibilità teutonica.
- Slovenia. Delle hostess gnocche vi aiuteranno persino a infilare il casco per la realtà virtuale, se non riuscite ad alzare le mani da soli o se fingete di non saperlo fare perché siete disabili marpioni.
- Israele. A parte che potrebbero assumere un Marketing Manager che non li faccia sembrare gente che se la tira come se ce l’avessero solo loro (l’agricoltura), nessuna critica all’accessibilità.
- Giappone. Vi scorteranno nel percorso più rapido e adatto. Nella sala delle proiezioni sui piatti, ho temuto di far danni, ma le strutture sono flessibili, fatte apposta per piegarsi e il passaggio c’è.
- Corea. Se vi avvicinate a meno di dieci metri con una sedia a rotelle, dei bodyguard vestiti di bianco - tipo Mr. Tattoo, ma alti alti - inizieranno ad armeggiare con le radioline per farvi scortare sul retro. E non provate a dirgli che mica volevate entrare, perché non parlano italiano e vi ci portano lo stesso. Comunque il padiglione merita, soprattutto se vi piace il genere Apple-style…
- Thailandia. Bel padiglione. Poi le tailandesi sono alte in piedi quanto uno in sedia a rotelle. Per una volta, potrete provare l’ebbrezza di non essere guardati dall’alto in basso.
- Russia. Mi è sembrato il più bello, ma forse a farmelo asserire sono stati soprattutto gli shot di vodka e il bagno accessibile che mi è servito dopo.
-  Cina. Meraviglia architettonica esterna… ma il pippone del ministro dell’Agricoltura anche no.
-  Quatar. Il nome fa pensare al peggio. Lo scivolo è lungo, circolare e sembra non finire mai, ma la pendenza non è intrattabile. Sembra di scendere in un girone infernale, ma accessibile.
- Kuwait. Grandi!
- Oman… evitate magari il giardino superiore con ghiaia, se non volete impantanarvi. Io me ne sono fregata e poi avranno dovuto chiamare qualcuno con la ruspa a risistemare suppongo.
- Austria. Il bosco vale la pena davvero. I mini-gradini (meno di 5 cm) sullo scivolo potrebbero infastidire una carrozzina a mano (se ci si spinge completamente da soli e non si è il tipico paraplegico che compensa coi bicipiti) o chi ha grossi problemi a tenere dritto il collo.

Expo vale comunque la pena soprattutto per le architetture esterne: finalmente della nuova Arte in Italia e mica piena di scalini, come il Ponte di Calatrava!

Dulcis in fundo: chiudete la giornata con lo spettacolo dell’albero della vita delle 22.30. Chi dice che è pacchiano, ha una fantasia sciapa. Arrivate un po’ prima se non volete che qualche bipede vi si pari davanti, coprendo la visuale. Io sono arrivata tardi e l’ho visto comunque benissimo… ma suppongo che molte altre persone possano farsi degli scrupoli a passare sopra a degli esseri umani con una carrozzina da 112 chili.

Me ne mancano molti altri di padiglioni. Se volete una recensione più dettagliata, vi ricordo tre parole: COMPLEANNO e SEASON PASS.