martedì 10 maggio 2016

Esisto dunque m'incazzo


Ovvero come convincere il bipede a porre le domande direttamente al disabile anzichè all'accompagnatore


Penso dunque sono. 

Se Cartesio ha ragione, buona parte dei bipedi non esiste ed è esclusivamente frutto della mia mente masochista. Il che rende me Schizofrenica, ma sempre meglio che pensare che tutti quelli che incontro siano reali.

Insomma, è evidente che i più non pensano, oppure non ritengono sia necessario farlo prima di aprire bocca. Tipo il Capotreno che stamattina si è rivolto a MARITO, indicando ME, per chiedere a LUI se IO avessi intenzione di scendere a Cadorna.

Ti giuro che ero sveglia, ben vestita, pulita, ordinata e perfettamente in grado di rispondere agli stimoli esterni... pure troppo anzi, come sempre.

Eppure, per quanto cerchi di mantenere una costante espressione di profonda intelligenza quando sono in pubblico, se accanto a me c’è un bipede, la gente interroga il bipede, soprattuto su questioni che riguardano me. Avrei più speranza di essere coinvolta in prima persona se fingessi di essere il pupazzo di un ventriloquo.

Sto in coda un’ora citando Immanuel Kant e Fëdor Dostoevskij solo per dimostrare a chi mi sta intorno che sono senziente e, quando arrivo al banco per attivare il finanziamento della lavastoviglie al MediaWorld, il MedioMan chiede a Marito i dati del mio conto corrente.

Faccio la coda alla biglietteria del cinema e la bigliettaia chiede Marito se io sto seduta “lì” (ove per “lì” s’intende l’innominabile sedia a rotelle) o sulla poltrona.

Accompagno Marito in banca, che da solo teme gli pongano domande a cui non sa rispondere, ed ogni volta è un remake della scena di Galaxy Quest, quella dove il Capitano chiede a Sigourney Weaver di chiedere al computer le cose, lei si gira, gliele chiede, il computer risponde e lei ripete esattamente la risposta al Capitano. Che se il Capitano rivolgesse la parola direttamente al computer non ci sarebbero tettone a bordo.

Vado al pub, la cameriera chiede a Marito cosa prende lui e sempre a lui chiede cosa prendo io. E, ancor peggio, quando porta l’ordinazione, inverte le ordinazioni e piazza la Bionda davanti a lui e la cazzo di bibita allo pseudo-caramello corrosivo a me. Questo sulla base del principio bipede secondo cui i disabili sono come i bambini: non trincano, ma solo perchè non sono in grado d’intendere e di volere. Ogni volta che ci penso, mi vien voglia di bere per dimenticare. Ho pure provato a esibire la carta d’identità con la data di nascita e dire: “Nel pieno del possesso delle mie facoltà mentali, ordino una pinta”, ma ti giuro che la cameriera ha guardato lo stesso Marito, come se fossi pazzah!

Ogni giorno qualcuno chiede cosa voglio a Marito, come se io non fossi lì.

E meno male che ne ho sposato apposta uno con l’espressione poco sveglia. Non dico che non sia sveglio... ma è uno di quelli che se gli chiedi il codice di avviamento postale del suo paese ti pare di scorgere due clessidrine ruotanti in fondo agli occhi vitrei. 

Cogito ergo sum... 

Il problema è che, secondo Cartesio, pare che tutti gli uomini condividano la certezza indubitabile di essere soggetti pensanti… Scusa René, ma io personalmente, su questa faccenda, altro che dubbi iperbolici tengo.

A furia di essere ignorata, saltuariamente mi sono chiesta se per caso fossi morta senza saperlo. Tipo Bruce Willis ne “Il sesto senso”. O così, oppure sono io la sensitiva, solo che invece di vedere la gente morta, a me va molto peggio: vedo la gente scema. Ma se fossi morta non si spiegherebbe come mai nessuno mi rivolge la parola, ma tutti mi indicano o mi fissano di sottecchi. E accade sempre, mica solo quando dimentico gli slip sporchi sullo schienale della carrozzina.

La filosofia non è mai stata la mia materia preferita e i miei studenti di filosofia vedano di prendere questa confessione con… beh… con buona dose della loro materia. Si insomma, le seghe mentali e i meta-ragionamenti sono tra i miei passatempi preferiti, ma alla fine ho scelto psicologia perché non mi va di conoscere l’uomo e basta: io voglio entrargli in quella piccola testa bacata e rivoltarla come un calzino!  

Bramo i risultati tangibili. Sono una di quelle che ancora sbava dietro a Pavlov, in ottima compagnia di mute di cani. E da brava scienziata pazza, ho deciso d'intervenire per modificare la realtà, che di capirla e basta mi son rotta le palle.

Così, il primo passo (metaforico) è stato verificare di occupare lo stesso piano fisico dei bipedi e per farlo ho dottato il metodo empirico. L’esperimento ha fornito dati incontrovertibili, sebbene la metodologia non sia stata indolore: sì insomma, ho investito qualche soggetto con la carrozzina a motore e quello ha dato evidenti e scomposti segni di aver notato la presenza dello sperimentatore. 
Prima di rivolgerti a qualche comitato etico, posso annoverare diverse sperimentazioni mediche fatte sulla mia pelle quando ero bambina… io almeno prendo di mira solo soggetti adulti. Facciamo che io non ho denunciato te, essenzialmente perchè all'epoca non ero in grado di intendere e volere, ma i miei genitori purtroppo pensavano di esserlo. Ora tu non denuncerai me, altrimenti sosterrò di continuare a non essere in grado d'intendere e volere. Visto che sono handicappata, alla fine si tratterebbe di confermare un'ingenua teoria bipede.

Il terzo passo è stato osservare se il comportamento di evitamento del disabile si verificasse solo nel caso del presente soggetto o di tutti i disabili. Un sondaggio su web ha confermato che la prassi di porre le domande all'accompagnatore anzichè al disabile è ampiamente diffusa. Colleghi non vedenti hanno addirittura osservato (si fa per dire) come vi sia la tendenza del bipede a rivolgere la parola prima all'accompagnatore persino se questi è un cane guida. 

Il quarto passo (sempre metaforico) è consistito nel formulare l'ipotesi di lavoro: il comportamento evitante del bipede si può modellare sino al punto di costringerlo a rendere partecipe il disabile delle interazioni sociali che concernono quest'ultimo. Perché il bello dei bipedi è che alla fine si possono educare proprio come i piccioni di Skinner, anche se ci mettono più tempo a imparare… Infatti il detto “Due piccioni con una fava” deriva proprio dalla mesta constatazione dello psicologo americano che per educare un essere umano ci volessero un casino di fave in più che con i volatili.

Sebbene Skinner sostenesse che i premi (rinforzi positivi) diano risultati migliori e più duraturi delle punizioni (rinforzi negativi), sono personalmente convinta che ciò dipendesse dal fatto che le scosse somministrate alle cavie fossero troppo lievi: una bella fulminata e il ratto abbandona il comportamento scorretto la prima volta che abbassa la leva sbagliata… sì ecco, in un modo o nell’altro. 

Quinto e ultimo passo, che per quanto metaforici siano, non ci sono abituata, è stato quello applicativo, tuttora in corso. Convinta delle mie teorie, ogni volta che qualcuno si rivolge ad altri per una questione che riguarda me, io lo fulmino, purtroppo solo con lo sguardo. Con tutte queste associazioni animaliste, oggi non si riescono più a realizzare i modelli sperimentali di una volta, con tanto di fulmini e saette vere. Anche se a ben pensarci usando uomini anzichè topi si potrebbe provare: conosco gente che considera la sperimentazione animale un abominio e che s’è battuta per provare il metodo Staminkia direttamente sui bambini disabili. Pare basti una Laurea in Comunicazione per farsi passare per il medico del secolo.

Comunque, i primi risultati sono incoraggianti: ognuno dei soggetti fulminati visivamente e/o verbalmente, ha successivamente orientato l’attenzione e rivolto la parola direttamente allo sperimentatore. Tanto la scienza ha già dimostrato che l’osservatore modifica il comportamento dell’osservato che lo voglia o no, quindi tanto vale modificarlo in meglio.

Ulteriori sperimentazioni saranno necessarie per trarre le conclusioni definitive, ma posso già confermare che il metodo “Esisto dunque m’incazzo” modifica tangibilmente il comportamento del bipede, sebbene occorreranno studi a lungo termine per valutare possibili traumi residui nel soggetto "normale", traumi comunque più che meritati. 

E' seria intenzione di questa sperimentatrice continuare gli studi e raccogliere una casistica sempre più esautiva. I soggetti bipedi involontari sono ovunque... in effetti sarebbe gradito un aiutino da parte di altri sperimentatori disabili.

 

mercoledì 4 maggio 2016

Dimmi cosa posti e ti dirò chi sei

Presente quelle persone tristi che si commentano e ricommentano su Facebook, criticando a vicenda i contenuti dei reciproci post? Ecco, io no. Non spesso al meno... Ok, a volte sì, ma giuro che prima conto fino a dieci... cosa che di solito sortisce l'unico effetto di  farmene venire in mente di più cattive. Diciamo che commento negativamente un paio di volte al mese. Non perché non mi si accapponi la pelle quando incappo nelle minchiate o in affermazioni fuori luogo, ma perché quella mica è la mia bacheca. Una volta al massimo reagivo regolarmente quando le stronzate le scrivevano sulla mia ma, con la saggezza degli anni, ho capito che è più comodo lasciare che siano amici/follower a massacrare gli sprovveduti. Cosa ce l'ho a fare una sedia a rotelle se non per farmi difendere pubblicamente dal qualcun altro?
Però poi mi son venuti dei dubbi, anzi, solo uno: come cazzo è possibile che certa gente mi segua? Intendiamoci, io l'amicizia la do a cani e porci, quella su Facebook intendo. Che mi costa? Un like ogni tanto e forse gli auguri di compleanno in bacheca, regolarmente il giorno dopo. Certo che, facendo come me, di stronzate ne vedo tante e mica mi posso lamentare. C'è sempre l'opzione del blocco, alla peggio. Ma come potrei arrivare a conoscere veramente gli abissi della mente umana se seguissi solo chi mi somiglia? Certo, ho i conati di vomito un post sì e cinque no, ma preferisco sapere in che mondo vivo.
Eppure, una volta l'anno, giusto per correttezza intellettuale, scrivo una pagina del blog, dove riporto tutte le osservazioni che ho avuto l'educazione di non scrivere sui profili altrui. Dio non voglia tu possa pensare che se taccio acconsento. Anzi, nel mio caso, facciamo che se non ci piazzo almeno un like, puoi stare sicuro che per me è una cazzata.
Per cominciare, non credo nella medicina alternativa, ma ritengo che la gente sia libera di curarsi come crede, pure infilandosi un'effigie Sacra nella patata. Eh no, non dare a me della blasfema! E' la Dottoressa Gabriella Mereu che fa camminare i paraplegici usando solo esortazioni e insulti e crede nel potere taumaturgico dell'infilarsi medagliette della Madonna nella vagina. Ora, per me è una cazzata, ma se vuoi provare a darmi della deficiente per vedere se ricomincio a camminare, ti conviene iniziare a correre, che la terapia funzioni oppure no.

E poi, non potrei vivere senza limone e bicarbonato, ne riconosco i molteplici benefici, soprattutto dopo la cassoeula, ma sono abbastanza convinta che non curino il cancro. Tuttavia, se tu ci credi, una TAC al cervello me la farei, perché certe convinzioni si spiegano solo con un tumore nel lobo frontale.

E ancora, per esaurire il tema medico-sanitario, sei libero di non vaccinarti e sei persino libero di non vaccinare i tuoi figli: le vie della selezione della specie sono infinite.
Ecco un altro genere di post che aborro: quelli con su scritto: "FATE GIRARE". Non m'importa se l'oggetto sono i tapiri vivisezionati, i gatti in bottiglia, le pomo-fragole assassine o il canone rai che, se facciamo comunella, smetteremo di pagare. Milioni di click non salveranno il mondo, ma probabilmente le farà girare a molti.

E anche quando pubblichi cose come "Se non condividi questo sei una brutta persona", lungi da me sostenere il contrario. Tuttavia... probabilmente le belle persone come te condividono foto di bambini Down sorridenti, ma sono abbastanza convinta che quelle davvero intelligenti non lo facciano. E se non arrivi da solo a capire perché, temo di non poterti aiutare: credo nella maieutica, ma non sono mica Houdini.

Io ho studiato psicologia e le teorie sul gender le abbiamo praticamente inventate noi, ma ti posso assicurare che tu non ci hai capito un cazzo. E scusa se te lo dico, ma in questo caso comprendo perfettamente come si sente Dio: versare fiumi d'inchiostro per diffondere la comprensione e l'amore tra gli uomini e constatare che la gente ci legge quel cazzo che ci vuole leggere. Almeno la Bibbia è un best-seller e qualcuno se l'è comprato. Tutto quello che sai tu sul gender probabilmente viene da Wikipedia, ma hai travisato pure quella.
E ancora non ho capito come, nella tua piccola mente contorta, se il mio amico Mario si sposa con il mio amico Pietro, questo dovrebbe rovinare la tua famiglia. Notare che non sto dicendo che hai torto, ma che non ci arrivo. Forse dovresti provare a spiegarmelo con un libro, che poi io interpreterò come minchia mi pare, per par condicio.

Probabilmente gli stranieri non sono persone migliori di noi, ma sfortunatamente ho pochi contatti stranieri, quindi le loro minchiate non posso leggerle. Le tue su di loro però sì: per questo trascorro le mie vacanze all'estero. Soprattutto ciò che davvero mi provoca orticarie, eczemi e pustole purulente, sono i post dei disabili che parlano male di altri gruppi sociali. Come dire che sei su una sedia a rotelle e questo non ti ha proprio insegnato un cazzo.

Salvini scrive stronzate, ma probabilmente è meno stronzo di chi lo condivide. Sì, insomma, mi piace pensare che lui sia molto più furbo di quanto non vorrei: sa qual è il suo target e sa come solleticarne le naturali inclinazioni idrofobe. E quando tu condividi un suo post commentando "Di solito non condivido quello che dice, ma su questo ha ragione" dimostri al contempo due cose: che segui Salvini e che non hai il coraggio di ammettere che la pensi peggio di lui. Tutto ciò che so di quello che dice Salvini, lo vengo a sapere da te. Se tu non esistessi, saprei comunque dell'esistenza di Salvini dai giornali, ma potrei illudermi che nessuno lo segue.
Dulcis in fundo... l'apologia del passato
Tutti i post in cui descrivi Amazon/ Zalando/ Google/ centri commerciali/ ebook/ smartphone/ videogichi/ fast-food/ sushi/ chat/ droni/ homebanking/ carte di credito/ Big Pharma o qualsiasi altra novità  dicendo che: è il Demonio/ ruberà posti di lavoro/ si stava meglio prima/ quando c'era lui.../ dove andremo a finire/ una volta la gente/ ai miei tempi/ le nuove generazioni...
Chiariamo in primis che non ammiro necessariamente tutte queste cose, tuttavia prendo quelle che voglio e le altre le lascio agli altri, convinta che:
1) Il progresso miete sempre vittime, essenzialmente tra chi lo rifiuta.
2) Salvo rare eccezioni - di cui al momento non me ne viene manco una - se un'innovazione è una boiata, non serve criticarla: la selezione naturale si applica agli esseri viventi come a tutto il resto.
3) Non si stava davvero meglio "una volta". Al massimo "una volta" eravamo più giovani. E chi ha sempre tenuto un diario, ricorda che nemmeno da giovane era poi sempre così felice.

4) Nessuno ti obbliga ad accettare le innovazioni, proprio come nessuno obbliga me a rinunciarci solo perché tu non ci stai dietro.

5) Ricorda che se fossi nato cent'anni fa, è statisticamente probabile che saresti morto alla prima influenza, forse meno stressato, ma quasi sicuramente molto più giovane.

6) Anche io rimpiango l'era pre-cellulare e varie pittoresche amenità del passato, ma non tornerei in dietro solo perché lo zabaione era considerato una merenda opportuna.

7) Il giorno in cui un nuovo modello di carrozzina elettrica della Otto Bock sarà peggio del precedente, mi convincerò che il progresso è negativo. Attualmente sono così accecata dal poter viaggiare da sola per Milano e sollevarmi con il lift per prendere le cose dagli scaffali, da non riuscire a vedere che tutto ciò mi porterà alla rovina.

Ecco, mi son tolta qualche sassolino dalle ruote. Ovviamente amici come prima, ma solo su Facebook.




martedì 3 maggio 2016

Il decalogo dell'illuminato

La vita di tutti è una faccenda complicata, mica solo la tua. Certo, poi ci sono pure un sacco di modi per complicarsela ulteriormente, ma posso assicurarti che, pure se non ci metti del tuo, sarà comunque un casino.
Pare che esista una sola soluzione definitiva a tutti i propri problemi… sempre che non si creda nella reincarnazione. Ad ogni modo è pur vero che, applicando poche e tutt’altro che semplici regole di vita, magari qualche lieve miglioramento lo potresti notare.
Io per esempio, mi sono data delle direttive, di cui riconosco la profonda saggezza e utilità, che applico regolarmente, quando ormai è troppo tardi.
E giusto per infrangere la prima regola…


1) Non dare consigli, soprattutto se richiesti
Le persone non vogliono davvero essere consigliate. Ciò che desiderano sono due cose, che non si escludono affatto a vicenda:
A) che tu decida al posto loro, giusto per aver qualcuno da incolpare di aver rovinato la loro vita;
B) che gli consigli esattamente l’opzione che già ritengono essere la più valida.
Se ti hanno appena chiesto un consiglio, solleticando così il tuo Ego, sei già caduto nella trappola: ora puoi solo scappare o fingerti morto.
Personalmente, quando mi chiedono “Tu cosa faresti se fossi al posto mio” io rispondo inevitabilmente “Camminerei”.

2) Anche se sai come andrà a finire, non dirlo
Il mondo non ha mai apprezzato i veggenti, soprattutto se ci prendono. Sicuramente Cassandra avrebbe avuto una vita sociale migliore se, invece di predire alla gente delle sciagure, avesse raccontato loro che sarebbe andato tutto bene. E’ scientificamente provato che le persone che dimostrano di avere ragione sono più odiate di quelle che rassicurano il prossimo, pur non azzeccandoci spesso. Ed è anche scientificamente provato che la gente crede maggiormente alle affermazioni se sono precedute dall'enunciato "è scientificamente provato".


3) Non rimpiangere i tuoi errori: probabilmente non hai mai sbagliato
La più grande bugia della tua vita te l’ha insegnata la Maestra di Matematica quando ti ha spiegato che i problemi si affrontano in tre passaggi: dati, risolvo, rispondo.
La vita non ti fornisce mai tutti i dati necessari e devi affrontare i grandi problemi accettando un tasso d’incertezza colossale. Così stanno le cose e se ti sembrava difficile calcolare l’area del triangolo quando ti davano base e altezza, figurati se puoi davvero sapere se lei è la donna migliore con cui trascorrere il resto della tua vita, pure se ti dà le misure esatte al momento dell’acquisto. Tra l'altro, pare che pure non scegliere sia una scelta... presa da altri a un certo punto, e pertato con maggior possibilità di fregatura.
Quindi, tecnicamente, non sbaglierai mai e non hai mai sbagliato: è la vita che ti costringe a prendere delle decisioni sulla base di dati incompleti. Nemmeno quella stronza della Maestra di Matematica potrebbe accusarti di non aver calcolato una variabile incognita.
Per inciso, se la fisica quantistica ha ragione, nel momento esatto in cui hai scelto, il tuo mondo si è sdoppiato: un mini-te ha scelto Lettere e l’altro mini-te Psicologia. Il lato ironico è che entrambi state facendo un lavoro che non c’entra niente coi vostri studi, pensando che all'altro sia andata meglio.
Per quanto mi concerne, non potendo sapere come sarebbe andata “se avessi…”, ho deciso di autoconvincermi di aver sempre preso le migliori scelte, anche se non vorrei essere la Engy dello specchio a questo punto.

4) Quando fai una cazzata, chiamala col suo nome
Se sbagliare è praticamente impossibile, cazzare è umano. La verità è che siamo creature pigre, che non ci provano nemmeno ad analizzare i dati, a impegnarsi, a ragionare, ma decidono su due piedi... beh, almeno la maggior parte dei bipedi lo fa.  Pure io di cazzate ne ho fatte tante, sebbene su quattro ruote.
Per esempio, scolarsi una bottiglia di Bracchetto a stomaco vuoto, oltre a denotare completa ignoranza enologica, non è un errore, è una cazzata. E non venire a dirmi che non avevi elementi per immaginare come sarebbe andata a finire quando hai tirato fuori dalla cantinetta degli orrori quella bottiglia. Magari ti sei auto-illuso, raccontandoti la favola del “solo un sorso”, ma sappiamo entrambi che, se hai aperto quella roba mentre eri sobrio, solo e con il frigo vuoto, stavi cercando un pessimo modo di farti del male.
Di cazzate ne abbiamo fatte e ne faremo, ma dobbiamo chiamarle con il loro nome. Altrimenti la gente inizierà davvero a pensare che quella cazzata è il massimo a cui sei riuscito ad approdare dopo attente valutazioni e ti considererà una causa persa.

5) Se vuoi evitare il panico, non guardare troppo lontano
Più in là guardi, più le prospettive sono orribili. Sì, insomma, sai già come andrà a finire: nei titoli di testa della vita c’è già un grosso spoilerone sulla tua morte. Tra l’altro, più guardi lontano, meno dati di analisi hai a disposizione. Ora, non ti dico di vivere giorno per giorno, ma di programmare il tuo futuro al meglio, correggendo il tiro via via che acquisisci nuovi elementi. E se non vedi una soluzione, nella maggior parte dei casi, è perché stai guardando troppo lontano e magari pure senza binocolo.

6) Sii il tuo metro di misura
Difficilmente tirare fuori il righello in bagno per confrontarti con i tuoi amichetti non lascia conseguenze sgradevoli. Pure se ce l’hai incredibilmente lungo, non puoi non ammettere che sbattere in faccia la tua virilità ad un altro è una cosa terribilmente gay. Confrontarsi con gli altri sulla propria normalità porta sempre a risultati imprevisti.  Se sei sempre arrivato primo, basterà essere secondo una volta per deludere te stesso… e tra l’altro gli altri probabilmente ci godranno. Se sei sempre ultimo, non riceverai comunque una ola quando arriverai penultimo, per quanto tu ti sia impegnato. L’unica è misurarti su te stesso. Non so tu, ma quando io riesco ad infilarmi il golfino da sola, nella mia testa sento i Queen cantare “We are the champios”. Con il duro impegno e il giusto sistema di misura, si può essere incredibilmente soddisfatti di sé. Il resto del mondo saprà fare di meglio, ma il resto del mondo non sono mica io.


7)  Ricorda che le persone cambiano, quando non le guardi
Sì, proprio come l’acqua, che non raggiunge mai il bollore se la fissi, pure le persone non sembrano cambiare mai se gli punti gli occhi addosso… in compenso però possono arrivare a bollire in modo repentino. Insomma, se devi seminare, semina. Innaffia se credi. Ma non ti aspettare di vedere i risultati nei giorni successivi, forse nemmeno nei mesi o nei primi anni. Altrimenti farai fare alle persone che vuoi veder crescere la fine delle mie orchidee, che sono state bene fino a che non ho iniziato a notarle e prendermi cura di loro, bagnandole tutti i giorni. In compenso l’edera sulla mensola sopra il lavandino, dove non arrivo, si è allungata così tanto che di notte si apre da sola il rubinetto e beve finché le garba… è l’unica spiegazione scientifica possibile al fatto che sia ancora viva.

8) Se non vuoi un futuro di merda, che la tua giornata di merda non diventi la mia giornata di merda
Tutti abbiamo delle giornate no. Sebbene non mi sia mai alzata col piede sbagliato (per ragioni logistiche), più di una mattina mi è capitato di non ingranare la marcia giusta. In questi casi, la soluzione migliore è fingere di non esistere. Se hai le palle girate, non sfogarti sul prossimo: mica lo dico per altruismo! Si tratta d’infrangere un circolo vizioso: tu hai la luna storta e mi tratti di merda, ma siccome sei tipo il mio Capo, non posso mandarti elegantemente inculandia. Così tratto male mio marito, il quale non mi risponde a tono, perché mi teme più dell’Inferno, probabilmente a ragione. E allora marito sale in auto con l'idrofobia e al primo semaforo prende il prossimo a clacsonate, urlando dal finestrino le discutibili abitudini sessuali della sorella. Dato che però il prossimo ha fretta, non è che scende dall’auto per finirla lì, magari con spargimento di sangue, essenzialmente perché non può esser certo che il sangue non sarà il proprio. Però la carogna se la porta dentro e arriva in ufficio con un umore che a confronto il Dottor House è Mary Poppins. E in ufficio incontra un suo collega, che guarda caso è il Capo del mio Capo…
Io ovviamente ora l’ho fatta breve: il giro è molto più lungo, altrimenti ce ne accorgeremmo. Ma il succo non cambia: tutto torna indietro, se non in questa vita, nella prossima. Guarda me: nell'incarnazione precedente ero Hitler, se no mica si spiega.

9) Le persone mentono molto meno di quello che pensi
La verità è che non abbiamo bisogno di mentire: siamo abilissimi nel credere quel che vogliamo. Magicamente la realtà si plasma sotto le nostre proiezioni mentali, permettendoci di vedere, sentire e ricordare ciò che crediamo. Eppure siamo portati a pensare che gli altri mentano più spesso di quanto non sia. E sai perché? Perché quando una persona non mente, non sente il bisogno di sforzarsi di apparire credibile. E non lo dico a muzzo: ho davvero partecipato ad uno studio sulla comunicazione menzognera che dimostra scientificamente che, quando una persona mente, risulta molto più facile credergli (Vedi Anolli, Balconi e Ciceri). Alla luce di tale scoperta, avevo solo due scelte: iniziare a dubitare delle persone di cui non dubitavo, oppure ritenere che se le persone scelgono di mentire deliberatamente, forse non voglio davvero scoprire la verità. Quando invece nemmeno si rendono conto che ciò che dicono è falso, beh… si fa prima a dar loro ragione che a dimostrare che han torto. In fondo, a chi giova dimostrare che l'altro si sbaglia?  Io vesto da anni la taglia 46, sebbene col tempo le grandi marche abbiano modificato le misure, e mio marito, che di lavoro vende abiti, ha sempre sostenuto la mia ragione, anche a costo di scambiare le etichette dei vestiti.

10) Non annunciare nel titolo di un blog che seguirà un illuminante decalogo se non sei assolutamente sicuro di avere almeno dieci punti da illustrare