martedì 11 dicembre 2012

Il pendolare e la turista: nemici naturali

E niente. E’ che da due giorni ho un sacco di tempo in più da trascorrere sulle banchine della stazione o sul treno, grazie al tilt del sistema informatico di gestione dei turni delle Ferrovie. Cose che accadono quando ti sostituiscono l’abaco con un computer, suppongo.
 
E quando aspetto sulla banchina, mi tocca tenere la mente impegnata, che c’è gente che addormentandosi al gelo non s’è risvegliata più. Un po’ penso alla mia vita da pendolare e un po’ cerco di non pensarci, soprattutto quando inizio a fantasticare su attentati terroristici in cui vesto i panni della kamikaze imbottita di tritolo che si scaglia contro la locomotiva. Solo che non siamo mica in una canzone di Guccini, che la locomotiva arriva in stazione quando dovrebbe, giusto in tempo per saltare in aria.
 
Il bello del pendolarismo però, lo devo ammettere, è che di fronte ad un treno in ritardo, soppresso o scomparso in circostanze misteriose, siamo tutti uguali. I pendolari intendo.
 
Perché oltre ai pendolari ci sono le turiste Milano-Malpensa. Sì, le turiste rompicoglioni sono sempre donne e si riconoscono dalle valigie ipertrofiche e dalla propensione a dirigersi verso l’aeroporto con cinque minuti di margine sulla partenza del volo. Non fosse per i camion con rimorchio che si trascinano dietro, le riconosceresti comunque dalle manifestazioni ansiose: tamburellano, agitano le zampe, sbuffano, si alzano, vanno in bagno – no dico: VANNO IN BAGNO… SU UN TRENO!!! – e a un certo punto telefonano, condividendo tutte le loro preoccupazioni con il presunto interlocutore e col resto del vagone. Quando ormai è chiaro che stanno per perdere irrimediabilmente il volo, ecco che schiacciano l’interfono o vagano alla ricerca del Capotreno che, ovviamente, in caso di ritardo, si barrica nella cabina col macchinista, indossando il giubbotto antiproiettile sotto la divisa.
 
E il pendolare osserva. Non che sia curioso: solo che gli è difficile continuare a leggere il suo libro con una scimmia impazzita che gli sbraita accanto.
 
Hanno inventato apposta gli i-pod per questo, ma a volte neppure questi bastano. Perché quando i decibel e i movimenti della viaggiatrice inesperta superano una certa soglia, il pendolare inizia a chiedersi se nei suoi viaggi esotici la turista non abbia contratto la rabbia o la meningite. Del resto, quale persona sana di mente si dirige in aeroporto, su un treno, senza un buon margine di sicurezza? Persino sui siti degli aeroporti internazionali c’è scritto: “Consigliamo di recarsi in aeroporto tre ore prima della partenza”… “perché non si sa mai” (preposizione finale sottointesa).
 
Ma la viaggiatrice occasionale non sa leggere… e questo spiega pure perché posizioni tutto il suo set di valige firmate, color panna, sul posto riservato ai disabili. Infatti, quale abitué delle trasferte si comprerebbe mai una valigia firmata, color panna? Una valigia che peraltro non è nemmeno in grado di spostare? Vivere in città può farti sentire come una formica, peccato che un essere umano non possa davvero sollevare cento volte il suo peso, salvo esposizioni a raggi gamma pare.
Che a guardarle ci si chiede se stiano per caso pensando seriamente di partire e non tornare mai più… altrimenti perché portarsi dietro la casa? Peccato però che poi te le ritrovi due settimane dopo, sul percorso Malpensa-Milano, che si attaccano al cellulare e condividono sempre col resto del vagone gli episodi salienti della loro vacanza:

“Ho fatto tutto il giro di qua e di là. Però mica potevi bere o mangiare quel che volevi: solo acqua in bottiglia e ciò nonostante ho perso due chili non ti dico come... L’animazione un mortorio, per fortuna c’era qualche locale in zona, roba anni ’80 neh. La Mimma s’è scottata peggio che i gamberi del buffet, mentre il Pier e la Fede come cane e gatto. La spiaggia stupenda per carità, ma la pulizia in camera te la raccomando!”

E il pendolare sempre lì ad ascoltare, suo malgrado, chiedendosi perché mai il volo su cui evidentemente è riuscita a imbarcarsi non sia colato a picco nel Triangolo delle Bermuda e augurandosi almeno che in quel Resort dall’igiene discutibile si sia beccata il tetano.

Contrariamente alla turista, i pendolari sono tutti maschi - nel senso che hanno le palle - e sono creature molto riservate. Raramente si scambiano qualche convenevole, tipo: “’nGiorno”, “Sera” o “Prima lei”, ma solo quando hanno tentato lo scarto finale e si sono scontrati in discesa o in salita dal treno.
Ovviamente ci riconosciamo al volo tra noi, un po’ perché prendiamo gli stessi treni, un po’ perché comunichiamo molto a livello non verbale:

LIBRO APERTO + CUFFIE = DO NOT DISTURB
Non che non interagiamo mai… lo facciamo quando serve, per comunicazioni di servizio:

“A che ora c’è stasera (lo sciopero - soggetto sottointeso)?”
“Il primo (treno di merda - soggetto sottointeso) che parte è il 18.28”
Oppure

“Ieri a che ora sei arrivata tu (a casa/al lavoro – complemento di luogo sottointeso)?”
“LassaStà!”

Per lo più l’idioma pendolare è però caratterizzato da brevi interiezioni a fior di labbra come:
“Eh già…” – a commento del “In ritardo anche oggi (sempre il treno di merda – soggetto sottointeso)”

“Eh beh…” – a commento della frase tipica dell’abbonato “115 euro al mese, però che servizio!”

“Boh!” – in risposta a “E oggi cosa è successo (ancora quel fottutissimo treno di merda – soggetto sottointeso che ha sfracassato le gonadi)?”
E poi c’è il solito “Mmm” che, a seconda dell’intonazione e del numero di emme, si usa tanto in psicologia quanto tra i pendolari, per dire tutto e niente, ma con senso di rispetto e partecipata condivisione.

Il pendolare è una creatura rassegnata: parte sempre un’ora prima di quello che dovrebbe e anche se arriva due ore dopo non si scompone. Potrebbe suonare la sirena antincendio dell’intera stazione e rimarrebbe comunque impassibile, seduto al suo posto, sicuro si tratti di un guasto. E anche fosse un vero incendio, quando mai gli ricapita di trovare un posto a sedere?
Il pendolare non è asociale: è anzi una creatura con un grande senso di appartenenza al branco. Osserva chiunque varchi il vagone del clan con estrema circospezione. Se l'intruso sale chiacchierando in compagnia, sorride, incrocia lo sguardo di qualcuno o ha un cellulare in mano, il pendolare rischierebbe pure di perdere il treno pur di cambiare vagone. Se se ne accorge troppo tardi, comunica il proprio fastidio ai colleghi pendolari, mediante alzate di occhi al cielo e piccoli gesti rotatori delle mani, che imitano quelli delle gonadi.

Non è asocialità: è istinto di conservazione.
Pensate poi a quelli come me, che di lavoro devono ascoltare i problemi della gente… capite vero che non ho nessuna voglia di ascoltarli anche fuori dall’ufficio, per di più gratis?

Se proprio dovessi fare counseling anche in treno, mi piacerebbe organizzare dei gruppi di auto-aiuto per pendolari: con un piccolo extra, puoi partecipare ad una terapia di gruppo, con seduta fiume assicurata dalle tempistiche di Trenord.
Potrebbe funzionare:

“Ciao, sono Fabio, è faccio il pendolare da cinque anni”
“Ciao Fabio…”

Un sacco di servizi potrebbero essere erogati a pagamento sui treni, il parrucchiere per esempio… o il servizio bar… rigorosamente con caffè decaffeinato. Sul 18 e 28 potrebbero farci pure l’aperitivo:
THE NEVER ENDING HAPPY HOUR

Il pendolare è pragmatico: lui ha inventato l’abbigliamento a cipolla, per adattarsi a qualsiasi clima esterno ed interno, sapendo che spesso il secondo è diametralmente opposto al primo, oppure è di segno uguale, ma elevato alla quarta, nel senso più sgradevole possibile.

Il pendolare sa che ogni sciopero ha le sue scomode fasce protette e nella borsa ha sempre tutto ciò che serve alla sopravvivenza: libro, i-pod, cellulare, carica batteria, fazzolettini, qualsiasi tipo di medicinale legalmente trasportabile per uso personale, acqua, ‘schiscetta’ e razioni militari di emergenza.
Al pendolare i Maya e il 21 dicembre 2012 gli fanno un baffo: anche fosse davvero l’ultimo viaggio diretto verso la fine Mondo, sanno che sicuramente sopprimeranno il treno.

Filmato: Piede di disabile pendolare che allontana trolley di turista con calcio rotante. Il fatto che avessi la telecamera pronta, la dice lunga sulla frequenza degli episodi.

 

8 commenti:

  1. Brava! Ho riso come pochi! Per fortuna sono disoccupato così non devo fare il pendolare, poi dicono che essere disoccupati sia un danno!

    :-D

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  2. ciao Engy, sono il 18 e 28.
    Ti faccio i miei complimenti.
    effettivamente godo di una pessima reputazione,sono figlio di un sistema imperfetto diabolicamente messo al servizio di un essere perfetto, eticamente impeccabile, corretto, gentile, socialmente evoluto e dotato di un'intelligenza superiore: il pendolare. La tua descrizione del pendolare è esilerante, manca però di un elemento fondamentale (secondo me volutamente celato), dal quale nasce ogni suo pensiero, comportamento e spesso imprecazione: il pendolare a differenza di ogni altro essere umano si sveglia tutte le mattine incazzato, perchè tutte le mattine la maledizione di abitare in un paesino della provincia spesso fuori dal mondo lo condanna ad affrontare una giornata di merda indipendentemente da quello che gli potrebbe capitare. Il pendolare porta sulle spalle il peso di essere nella sua condizione per nascita, o peggio ancora per una sua scelta infelice, non c'è treno o bus che possa salvarlo, e lui lo sa.
    un caro saluto.
    il tuo 18e28

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  3. Quando parli male di un treno è normale, ma quando il treno ti risponde è ora di passare a psicofarmaci pesanti.
    Detto questo, sia benvenuta la schizofrenia, se mi dà la possibilità di sfogarmi col diretto interessato. Posso solo immaginare che non debba essere stato facile crescere con una madre scambista e un padre che s'infilava nella prima galleria aperta. Ma non è facendo del male a dei poveri provinciali che ti sentirai meglio. Fatti piuttosto aiutare da un bravo psicologo, magari non uno che sia pendolare, altrimenti sul lettino terapeutico rischi di morire soffocato da un cuscino.
    Considera inoltre seriamente un cambio di nome: 18 e 28 non ti rispecchia affatto. Potresti provare con un "quasi diciannove". Già che ci sei, se vedi il Passante, consigliagli da parte mia un cambio all'anagrafe in "Dovrebbe passare". Perchè va bene tutto, ma il participio presuppone la certezza dell'azione che descrive e a Trenord si addice molto di più il condizionale.

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    1. come posso darti torto:
      "parlare male è normale", avere delle risposte è da "schizofrenici". Pensare che un treno possa fare del male a delle persone "poveri provinciali" e l'mmediato riferimento alla psicologia, la dicono lunga su quanto essa sia determinante e delicata in un individuo nella condizione di pendolare. E' vero sono figlio di un sistema imperfetto, esattamente nella stessa misura in cui lo sono le persone che trasporto,tutti ingranaggi della stessa macchina.
      a presto.
      ps: secondo me 18e28 suona benissimo

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    2. Siamo tutti sulla stessa barca. Pardon! Sullo stesso treno ;)

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  4. Grazie a nome di tanti pendolari! M.

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  5. Mi piscio dal ridere, mmm... (cit.)o dovrei forse piangere?!
    Stefania

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