martedì 2 ottobre 2012

La piramide di bisogni del disabile

Oggi voglio invitarvi a una prova.
Fingete di essere un privato cittadino con una disabilità e provate a contattare una qualsiasi delle società che gestisce i servizi di trasporto per disabili. Provate a spiegare che, a causa del lavoro o per delle cure, volete un preventivo per un servizio regolare di trasporto, che ne so, dalla stazione di Cadorna alla zona del Duomo (20 minuti a piedi). Chiamate chi volete e, se alla fine del vostro giro, avrete trovato anche una sola società disposta a trasportarvi cinque giorni su sette per una cifra che non superi il valore del vostro stipendio mensile, vi prego di contattarmi. 
Molte di queste aziende non si muovono nemmeno per i privati, perché è molto più redditizio fare contratti e appalti per grandi realtà, come le Università o i Centri di riabilitazione. 
Come fa dunque un privato, se non è Berlusconi? 
Il servizio di trasporto pubblico è accessibile a macchia di leopardo, un leopardo albino suppongo. 
La stessa ATM peraltro, laddove non copre delle zone, fornisce un elenco di società di trasporto privato: le ho chiamate tutte, una a una, e le risposte sono sempre state:
"Ci spiace, ma non copriamo quella zona."
"Ci spiace, ma non possiamo garantire un servizio regolare in fasce orarie lavorative."
"Si può fare: sarebbero sui 30-50 euro al giorno."
Così, capite che quando il responsabile dell'ufficio disabilità di un'Università/Scuola/Associazione disabili, non dispone dei fondi per firmare un contratto in grado di garantire un ampio servizio di trasporto per i propri dipendenti/studenti/utenti, non è che questa decisione non abbia un peso sulla vita delle persone per cui l'ufficio esiste. E in questa condizione si ritrovano ad esempio molte scuole pubbliche italiane, a testimonianza del fatto che la "scuola pubblica" ha un'accezione di "pubblico" alquanto ristretta. E se è così al Nord, al Sud è ancora più difficile.

Un sacco di persone di più o meno buona volontà lavora nel settore dell'handicap. Sfortunatamente, non tutti hanno le conoscenze e le competenze per farlo. Soprattutto a livello gestionale, non tutti hanno il background necessario e sufficiente a far bene. Non basta avere un cugino di secondo grado disabile per sapere di cosa ha bisogno un disabile. Non basta nemmeno avere una nonna sulla sedia a rotelle per capire come implementare dei servizi. Probabilmente la nonna ottuagenaria ha già condotto la sua esistenza bipede con soddisfazione ed è troppo rincoglionita o depressa dalla perdita della deambulazione per avere i sogni e i desideri di uno che è passato dal ventre materno alla sedia a rotelle. Volete fare un lavoro ben fatto? Prendete uno di quei disabili che, nonostante le difficoltà, vive, studia, lavora e ogni giorno si confronta con un ambiente ostile e chiedetegli da dove é meglio partire per migliorare un servizio per disabili. Se non avete scelto un falso invalido, probabilmente vi dirà che la piramide dei bisogni di un disabile fisico è più o meno questa:
                         
                 Poter raggiungere altri luoghi, con mezzi di trasporto accessibili, a costi civili
            Potersi muovere in ambienti interni/esterni, senza incontrare barriere architettoniche
     Poter comunicare/muoversi il più possibile autonomamente, tramite protesi/ausili tecnologici
 Avere l'assistenza per assolvere i bisogni base: mangiare, andare al cesso, vestirsi, lavarsi, curarsi

Ovviamente la realizzazione dei bisogni alla base della piramide è conditio sine qua non per aspirare ai livelli successivi. Come potete osservare, la piramide dei bisogni di uno che non cammina ha solo quattro gradini… i gradini in effetti ci stanno sul culo e meno ne vediamo in giro meglio è. 
Da nessuna parte della piramide compare il bisogno di assistere a convegni dove si parli di disabili. Non solo non abbiamo bisogno di essere sensibilizzati al problema, ma riteniamo che infondo nemmeno i normodotati abbiano bisogno di essere sensibilizzati: che siete deficienti che ve lo deve spiegare un professore che vivere su una sedia a rotelle non è mica uno spasso? 

Voi metteteci in cima al IV gradino, che poi a studiare, lavorare e socializzare ci pensiamo pure da soli.

Per inciso, le esigenze di trasporto sono alla base della piramide delle necessità di un dipendente/studente/utente disabile: cosa te ne fai di tutto il resto, se a scuola/in ufficio/all'associazione non riesci nemmeno ad arrivarci? 
Quando manca la base, non ci si possono permettere voli pindarici su assistenza didattica, eventi di socializzazione e mega-convegni dai titoli altisonanti, in cui "gli esperti" non fanno altro che parlarsi addosso da anni senza mai aver spinto una carrozzella in vita loro. 
Fate arrivare un paraplegico in Università, toglietegli di mezzo gli scalini e portatelo al cesso se gli scappa, che poi alla didattica e alla socializzazione ci penserà da solo: mica non cammina perché è scemo!

Tutte le colpe sono sempre del fatto che mancano i soldi per fare "di più". Sarebbe innanzi tutto interessante capire se quei pochi soldi non possano essere spesi talvolta meglio. 

1 commento:

  1. Ci tengo a sottolineare che, poco fa, il mio Capo mi ha contattata per dirmi che il problema del trasporto da cui sono nate queste mie ultime riflessioni è stato risolto. Perché il mio Capo non ha parenti disabili, ma se serve mi accompagna in bagno e ciò gli conferisce molta più esperienza che tanti esperti.

    RispondiElimina